Walter Pedullà

Introduzione

Poche notizie indispensabili a premessa degli altrui interventi. Comincio col dire che, dopo gli anni ’50, a poco a poco è stato suonato il silenzio su Cacciatore e sulla sua poesia. Una lunga storia di progressiva emarginazione. Quando uscì il primo libro, L’identificazione intera, Cacciatore litigò con Moravia, che però capì sostanzialmente una cosa fondamentale, se in quell’occasione gli disse: “Ma tu chi credi di essere, Spinoza?”. In effetti si trattava di prose di riflessione, ma la riflessione è la materia prima di
questo poeta che è pure un pensatore, rimanendo ovviamente poeta. Quando uscì il suo libro di esordio poetico, La restituzione, litigò con Elsa Morante, e da quel momento, si tagliarono i rapporti con la cultura egemone nella prima metà degli anni Cinquanta. Ciò avviene suppergiù quando entra in crisi la letteratura del neorealismo, che però è quella contro la quale comincia la riflessione teorica, nonché la produzione poetica (sono già attivi Pagliarani, Sanguineti, Zanzotto, Roversi ecc.), che porta a quegli sperimentalismi con cui vincerà il decennio successivo.

In principio, e non necessariamente teorizzato, ci fu il neoespressionismo del secondo quinquennio degli anni Cinquanta, che fu più attivo nella narrativa (Gadda, Fenoglio, Pasolini, Arbasino, Mastronardi, D’Arrigo). Poi ci furono le riflessioni di quella “fazione” dello sperimentalismo che porta all’astrattismo, all’informale, alla neoavanguardia. Ci sono alcuni poeti attivi al di fuori della neoavanguardia che sono degni della massima considerazione, e tra questi c’è Cacciatore, che era stato invitato da Giuliani a far parte dei “Novissimi” ma rifiutò. Non so se ciò fu un errore ma sicuramente quel rifiuto lo danneggiò. Se avesse accettato, ora non staremmo qui a dire per sommi capi chi è Cacciatore.

Poche notizie sulla vita sono necessarie, anche se egli sembra uno di quelli che sono definiti “poeti senza biografia”. Era nato nel 1912 a Palermo e morì nel 1996 a Roma. Il primo libro era un romanzo-saggio: il quoziente di elementi intellettuali è già alto nel narratore prima che nel poeta.
Essendo un palermitano non mi addentro nell’indicare parentele con Pizzuto, che sarebbero non pertinenti ma neppure così bizzarre, in particolare quando per esempio una volta scrisse al poeta Lucio Piccolo: Che nascondi, pensiero?. Come dire, in una poesia a elevato tasso intellettuale ci sono sempre arcani elementi sotterranei, che contano non meno dei significati espliciti. La risposta andrebbe trasferita alla musica, che si sente molto nella poesia di Cacciatore. Anche Montale pensava che la poesia consistesse
nella somma di idee e musica, come d’altronde diceva Schleiermacher.

Non entro nei dettagli, non è il mio compito qui. Mi limito a dare delle notizie. Ci sono altri libri tra la prosa saggistica e la poesia, per esempio Tra il dire e il fare, oppure le poesie di Graduali che sono del ‘53/‘54, sebbene pubblicate molto anni dopo, nell’ ‘86 da Piero Manni. Cacciatore è anche autore di un volume dal titolo Lo specchio e la trottola al cui centro si pone il desiderio nella forma del sentire, del sapere e del dominare, che poi sono le tre sezioni del libro. Potrei dimenticare qualche titolo, ma le poesie sono raccolte in un volume pubblicato ancora da Piero Manni, con la prefazione di Giorgio Patrizi, il quale ha affrontato la magnifica e vittoriosa impresa di leggere e interpretare un’opera come Itto itto, che è un’opera veramente impressionante per vitalità linguistica e per originalità di idee.

Siccome il termine lezione viene usato da Cacciatore in Tra il dire e il fare, lo posso usare anch’io. C’è una lezione significativa da ricavare dalle vicende di questo poeta che viene tante volte ingiustamente escluso dalleantologie. Un poeta che è anche un latinista, Alessandro Fo, dice: “È vero che ci sono i meridiani, ma a me piacerebbe che cominciassero a uscire i paralleli”. Intendeva dire che il gioco dei Meridiani ha spesso un canone rigido e il canone rigido finisce con l’essere repressivo. Nel nostro caso, quel canone comporta l’espulsione di Cacciatore dalla poesia italiana contemporanea, e ciò non è giusto. Lui nella poesia c’è ed è bene che resti, in posizione rilevante. La sua poesia non è mai piatta, semmai ha salite che è faticoso scalare. Cacciatore è uno scalatore intellettuale che non ha mai rinunciato a sollevarsi con parole e ritmi alle più alte verità.

Abbiamo ancora bisogno di un autore che ha idee come questa: “Il pensatore è colui che ha provato il raccapriccio della realtà”. Tante altre sue idee di Itto itto e di Discorso a meraviglia ci sarebbero obbiettivamente utili, in termini di strategia culturale del poeta, ma non entro in questo discorso, che lascio ai relatori. Quelle dell’oltranza o del realismo astratto oppure il sistema dell’energia, che è alla base di Itto itto, sono idee guida che andrebbero verificate e rilanciate in un momento in cui obbiettivamente abbiamo un po’ di raccapriccio della realtà: e non della realtà altrui, di quella è facile avere raccapriccio, bensì della realtà in cui siamo immersi tutti. Sul raccapriccio della realtà attuale, andrebbe fatta una riflessione radicale, come quella che fa Cacciatore.

In due suoi versi egli dice: “Ben pochi ora si sentono imbelli / mentre suonano la ritirata”. Mentre segnalano la paralisi oggettiva, il poeta frequenta un aumento inesauribile di fibrillazione su ogni elemento del discorso, magari passando attraverso i metri più diversi. Cacciatore sa ricavare dal linguaggio una quantità di sollecitazioni, una certa euforia e perfino un certo ottimismo nei confronti del futuro. Ciò avviene grazie a una proiezione verso l’esterno che è un elemento base nella storia di questo poeta,
proprio quando egli riflette sull’ opposizione essere ed esistere . Tale opposizione ci guida verso il recupero fecondo di un rinnovato divenire. Nella cui direzione Cacciatore anzitutto mette in funzione una straordinaria tensione poetica, che non è un progetto, è sensibile realtà. La seguente definizione non è soltanto una battuta: “La poesia ermeneutica della realtà potrebbe essere un’idea, un’ipotesi possibile”. Non si fa l’errore di identificarla con la verità assoluta; è solo un’ipotesi, ma la proposta dell’inesauribile movimento volto a verificare, sperimentare se un linguaggio funziona, ebbene questa idea funziona parecchio, specialmente nei testi di Cacciatore, un poeta che mette sempre in discussione se stesso, provocando nuove forme a generare nuovi concetti.

Prima di passare la parola ai relatori, mi piace ricordare che tra i libri pubblicati da Cacciatore uno venne stampato nel 1974 dalla Cooperativa degli scrittori, della quale era presidente Elio Pagliarani, che vedo lì in fondo, e vicepresidente io. Siamo in molti ad essere stati compagni di strada di Cacciatore. Guardate la bibliografia, ci sono tanti nomi noti di critici: Giuliani, Ferroni, Lunetta, Ottonieri, Bettini e altri giovani critici. Ora, se è vero che il futuro è nelle mani e nella testa dei giovani, i giovani in questo momento stanno investendo molto su Cacciatore, lo stanno indagando in ogni dettaglio, e la sua opera è pronta per essere rimessa in circolazione con grandi probabilità di forte impatto sui lettori.

Insomma se questo poeta non finisce nei meridiani, finirà nei paralleli, per dirla con Fo. Cioè se fate paragoni, vedrete che Cacciatore merita di stare fra i poeti che meglio ci aiutano a capire come siamo messi nel globo, nel mondo e nella vita.