Giuseppe Ferrara
Dal Canto delle Sirene a quello dello “Stirene”

I – Introduzione

Nel 1957 la Pechiney, Società Chimica ed Elettrometallurgica francese,commissionò un documentario sul materiale per imballaggio che cominciava a spopolare in quegli anni, il polistirene, al regista francese Alain Resnais.  Questi, a sua volta,  si rivolse a Raymond Queneau per il commento parlato alle immagini del suo documentario. Nacque così Le Chant Du Styrene [1]  che una trentina di anni dopo fu tradotto da Italo Calvino per un progetto analogo, sponsorizzato questa volta in Italia dalla Montedison, con il titolo La Canzone del Polistirene [2].

Prima di avventurarci nella breve storia del lavoro di Queneau e Calvino sul polistirene , ricordiamo che nello stesso anno in cui Queneau scriveva l’elogio al polistirene, quale “archetipo” della plastica, in Italia, precisamente a Ferrara il 14 maggio 1957 [3], veniva prodotto il primo quantitativo industriale di polipropilene, la plastica italiana  più nota con il nome commerciale di Moplen© e che da allora diventò il materiale concorrente proprio del polistirene.

La storia della traduzione di Italo Calvino è ben nota e qui la richiamiamo brevemente con i dovuti rimandi a fonti più qualificate ed esaurienti.

Il 7 Giugno 1985, l’editore Vanni Scheiwiller  propose a Calvino di tradurre la poesia di Queneau per una strenna fuori commercio della Montedison da abbinare ad un’incisione di Fausto Melotti.   Calvino, pur impegnato in quel periodo alla stesura e all’estenuante limatura delle sue Lezioni americane [4], non seppe dir di no al richiamo fortissimo esercitato su di lui da Queneau e dalla sua opera.Il lavoro si rivelò più faticoso ed impegnativo del previsto e Calvino dovette ricorrere in almeno due occasioni, documentate da lettere, all’aiuto di Primo Levi [5], in veste di suo amico ma soprattutto in veste di Chimico : fu infatti lo scrittore Torinese a risolvere le incertezze di Calvino sulla comprensione e traduzione di 9 termini tecnici presenti nella poesia di Queneau.Il lavoro fu così completato e pubblicato nei tempi richiesti dall’editore. Lo stesso non accadde per le Lezioni americane : Calvino morì nel Settembre di quell’anno e le Lezioni furono pubblicate postume nel 1988.

II - Raymond Queneau e il Canto delle…S(t)irene

E’ intuitivo associare, per semplice assonanza appunto, Le Chant Du Styrene al Canto delle Sirene del libro XII dell’Odissea.

Probabilmente proprio da questa semplice assonanza è partita l’idea di Queneau di scrivere e strutturare il commento al documentario di Resnais attingendo a piene mani al canto di Omero;
lo riportiamo qui nella traduzione di Ippolito Pindemonte (1822) [6]

(Odissea, Libro XII, vv. 201-271)

Qui, turbato del core: Amici, io dissi,
Degno mi par che a tutti voi sia conto
Quel che predisse a me l’inclita Circe.
Scoltate adunque, acciocché, tristo o lieto,
Non ci sorprenda ignari il nostro fato.
Sfuggire in pria delle Sirene il verde
Prato e la voce dilettosa ingiunge.
Vuole ch’io l’oda io sol: ma voi diritto
Me della nave all’albero legate
Con fune sì, ch’io dar non possa un crollo;
E dove di slegarmi io vi pregassi
Io la duttile cera, onde una tonda
Tenea gran massa, sminuzzai con destro
Rame affilato; ed i frammenti n’iva
Rivoltando e premendo in fra le dita.
Né a scaldarsi tardò la molle pasta;
Perocché lucidissimi dall’alto
Scoccava i rai d’Iperïone il figlio.
De’ compagni incerai senza dimora
Le orecchie di mia mano; e quei diritto
Me della nave all’albero legaro
Con fune, i piè stringendomi e le mani.
Poi su i banchi adagiavansi, e co’ remi
Batteano il mar, che ne tornava bianco.
Già, vogando di forza, eravam quanto
Corre un grido dell’uomo, alle Sirene
Vicini. Udito il flagellar de’ remi,
E non lontana omai vista la nave,
Un dolce canto cominciaro a sciorre:
O molto illustre Ulisse, o degli Achei
Somma gloria immortal, su via, qua vieni,
Ferma la nave; e il nostro canto ascolta.

Nessun passò di qua su negro legno,
Che non udisse pria questa che noi
Dalle labbra mandiam, voce soave;
Voce, che innonda di diletto il core,
E di molto saver la mente abbella.

 

Pur con le ciglia, o comandassi, voi
Le ritorte doppiatemi ed i lacci.
Mentre ciò loro io discoprìa, la nave,
Che avea da poppa il vento, in picciol tempo
Delle Sirene all’isola pervenne.
Là il vento cadde, ed agguagliossi il mare,
E l’onde assonnò un demone. I compagni
Si levâr pronti, e ripiegâr le vele,
E nella nave collocarle: quindi
Sedean sui banchi ed imbiancavan l’onde
Co’ forti remi di polito abete.
Ché non pur ciò, che sopportaro a Troia
Per celeste voler Teucri ed Argivi,
Noi conosciam, ma non avvien su tutta
La delle vite serbatrice terra
Nulla, che ignoto o scuro a noi rimanga.

Cosi cantaro. Ed io, porger volendo
Più da vicino il dilettato orecchio,
Cenno ai compagni fea, che ogni legame
Fossemi rotto; e quei più ancor sul remo
Incurvavano il dorso, e Perimede
Sorgea ratto, ed Euriloco, e di nuovi
Nodi cingeanmi, e mi premean più ancora.
Come trascorsa fu tanto la nave,
Che non potea la perigliosa voce
Delle Sirene aggiungerci, coloro
A sé la cera dall’orecchio tosto,
E dalle membra a me tolsero i lacci.
Già rimanea l’isola indietro; ed ecco
Denso apparirmi un fumo e vasti flutti,
E gli orecchi intronarmi alto fragore.
Ne sbigottiro i miei compagni, e i lunghi
Remi di man lor caddero, e la nave,
Che de’ fidi suoi remi era tarpata,
Là immantinente s’arrestò…

Ora, non solo nell’assonanza tra sirene e stirene va cercata l’intuizione a cui Queneau si ispira ma  anche e soprattutto nella operazione stessa che Odisseo, l’Uomo, compie nel comprimere la cera nelle orecchie dei propri compagni vale a dire, in altri termini, quella di riempire uno stampo.

Il polistirene è un materiale termoplastico che viene cioè riscaldato a temperature non troppo elevate consentendogli così di fluire facilmente e di riempire stampi differenti fino a conservarne, una volta raffreddato, le forme. Proprio come avviene per la cera di Odisseo : col calore delle sue mani la rende più  plastica, cioè lavorabile e quindi può facilmente applicarla nelle orecchie - negli stampi -  dei suoi amici.

Ma possiamo estremizzare l’estrapolazione nell’inevitabile conseguenza di rendere idea una semplice intuizione, cioè di razionalizzare una percezione.

Le sirene - Queneau che era anche un matematico, lo sapeva bene -  non esistono in natura, sono cioè una invenzione dello Spirito creativo dell’Uomo, della sua Arte. Della sua Tecnica. 
L’Arte è una menzogna che dice la verità[7] , in parte lo è anche la Tecnica : le sirene,  il polistirene non esistono in natura ma attraverso l’Arte e la Tecnica diventano realtà . Queneau ce lo dirà, ci farà capire nel suo Le Chant Du Styrene che la plastica è una “vittoria” dello Spirito dell’Uomo sulla Natura : fino a questo momento è stata la natura, nei tempi e nei modi suoi propri, a “produrre” , per così dire, i  materiali necessari all’Uomo : lo ha fatto con la pietra con il ferro, con il rame, con la cellulosa, l’oro, il petrolio le pietre preziose : all’uomo non restava che raccogliere, estrarre, lavorare e rielaborare un materiale e di conseguenza, sfruttare e forzare, nei modi e nei tempi, la Natura,  perché producesse di più; perché producesse più in fretta.
Con la plastica, per la prima volta, l’uomo rompe questo monopolio della Natura e si fa Creatore!

Per inciso, tornando ancora una volta alla plastica italiana , al polipropilene : la motivazione al premio Nobel per la Chimica a G. Natta, il “padre “ del polipropilene,  sottolineava proprio questa novità [8] :

«In natura esistono molte macromolecole “costruite” in modo regolare e controllato, basti pensare alla cellulosa o al caoutchouc. Fino ad oggi noi tutti consideravamo che questo fosse un monopolio esclusivo della Natura dato che tali macromolecole sono realizzate con l’aiuto di enzimi. Il Prof. Natta ha infranto questo monopolio».

Ne Le Chant Du Styrene  tutti questi aspetti erano ben presenti all’autore , da qui lo scrupoloso  e analitico lavoro nella stesura del testo, partendo cioè dall’alto, non, come fa la Natura nel costruire le sue cose dal basso, dai suoi componenti principali (siano essi atomi, molecole o semi).

Abbiamo così in primo piano un bel recipiente fatto con il polistirene , quindi la descrizione di come diventa forma dallo stampo e come, prima di entrare - “cera nelle orecchie” - in una macchina ad iniezione, sia stato un lungo filamento tagliato in tanti piccoli granuli.
Dopo di questo,  impariamo che per costruire un polimero (poli meros, poli meros = tante parti) come il poli-stirene, ci vuole un monomero ( mono meros, mono meros = singola parte) lo stirene, e allora Queneau ci porta a vedere dove si prende questa singola unità che servirà a costruire una “collana di perle”, ci parla dell’etilbenzene e del benzoino dello Styrax di Sumatra, “l’arbusto indonesiano”  e ci presenta così i «… prodotti primi, la materia assoluta/ Che scorreva infinita, segreta, sconosciuta./Lavando e distillando quella materia prima,/
-Esercizi di stile meglio in prosa che in rima».

Ecco qui l’attività scientifica e quella poetica viste come un unicum: «L'atteggiamento scientifico e quello poetico coincidono», scriveva Italo Calvino [9]. «Entrambi sono atteggiamenti insieme di ricerca e di progettazione, di scoperta e di invenzione».
È un'osservazione che Calvino riprenderà e approfondirà nelle Lezioni americane.

Ma è nella conclusione che appare il senso di tutto questo :

«Dimmi, petrolio, è vero che provieni dai pesci?...Questioni controverse...Natali arcani e oscuri...
Comunque è sempre in fumo che la storia finisce./ Finché non viene il chimico, ci pensa su e capisce/Il metodo per rendere solide e malleabili/Le nubi…»

Alla fine, in una sorta di genesi alla rovescia, appare il creatore di tutto questo : il chimico, l’uomo. Cosicchè il Canto dello Stirene si trasforma nel Canto delle Sirene e nell’elogio allo Spirito dell'Uomo così abile da farsi creatore e domatore di Vita e Natura.

Eccolo il Canto di Queneau nella traduzione di Italo Calvino che, per l’occasione, intitoleremo nel modo apparentemente più intuitivo:

Il Canto dello Stirene

Tempo, ferma la forma! Canta il tuo carme , plastica!
Chi sei? Di te rivelami Lari, Penati, fasti!
Di che sei fatta? Spiegami le rare tue virtù!
Dal prodotto finito risaliamo su su
Ai primordi remoti, rivivendo in un lampo
Le tue gesta gloriose! In principio, lo stampo.
Vi sta racchiusa l'anima; del lor grembo in balìa
Nascerà il recipiente, o altro oggetto che sia.
Ma lo stampo a sua volta lo racchiude una pressa
Da cui viene la pasta iniettata e compressa,
Metodo che su ogn'altro ha il vantaggio innegabile
Lo sciame granuloso sul setaccio si spinge,
Formicola felice del color che lo tinge.
Prima di farsi granulo, somigliava a un vibrante
Spaghetto variopinto: chiaro, scuro, cangiante.
Una filiera trae, dall'estruso finito,
Gli spaghi che una vite senza fine aggomitola.
E l'agglutinazione come si fa ad averla?
Con perle variopinte: un colore ogni perla.
Ma colorate come? Diventerà uno solo
Il pigmento omogeneo dentro il polistirolo.
Prima certo bisogna asciugarlo per bene
Il rotante prodotto, dico il polistirene,
Il nostro neonato, il giovane polimero.
Del semplice stirene, ma nient'affatto effimero.
"Polimerizzazione" designa, già lo sai,
Il modo d'ottenere più elevati che mai
Pesi molecolari; non hai che far girare
Un reattore idoneo: mi sembra elementare
Come perle in collana, legate l'una in cima
All'altra, tu incateni le molecole...E prima?
Lo stirene non era che un liquido incolore
Coi suoi scatti esplosivi e un sensibile odore
Osservatelo bene: non perdete le rare
Occasioni che s'offrono di vedere e imparare.
E' dall'etilbenzene, se lo surriscaldate
Che stirene otterrete, anche in più tonnellate.
Lo si estraeva un tempo dal benzoino, strano
Figlio dello storace, arbusto indonesiano.

Di produrre l'oggetto finito e commerciabile.
Lo stampo costa caro; questo è un inconveniente,
Ma lo si può affittare, anche da un concorrente.
Altro sistema in uso permette di formare
Oggetti sotto vuoto, per cui basta aspirare.
Già prima il materiale, tiepido, pronto all'uso
Viene compresso contro una filiera: "estruso",
Ossia spinto all'ugello per forza di pistone;
Lo scalderà il cilindro al punto di fusione.
E' lì che fa il suo ingresso nel bollente crogiolo
Il rapido, il vivace, il bel polistirolo.
Così, di arte in arte, pian piano si risale
Dai canali dell'arido deserto inospitale
Verso i prodotti primi, la materia assoluta
Che scorreva infinita, segreta, sconosciuta.
Lavando e distillando quella materia prima,
-Esercizi di stile meglio in prosa che in rima-
L'etilibenzene scoppia per sua virtù esplosiva
Se la temperatura a un certo grado arriva.
L'etilibenzene il quale, com'è noto, proviene
Dall'incontro d'un liquido che sarebbe il benzene
Mischiato all'etilene che è un semplice vapore.
Etilene e benzene hanno per genitore
O carbone o petrolio oppure entrambi insieme.
Per fare l'uno e l'altro, l'altro e l'uno van bene.
Potremmo ripartire su questa nuova pista
Cercando come e quando l'uno e l'altro esistano.
Dimmi, petrolio, è vero che provieni dai pesci?
E' da buie foreste, carbone, che tu esci?
E' il plancton la matrice dei nostri idrocarburi?
Questioni controverse...Natali arcani e oscuri...
Comunque è sempre in fumo che la storia finisce.
Finchè non viene il chimico, ci pensa su e capisce
Il metodo per rendere solide e malleabili
Le nubi e farne oggetti resistenti e lavabili.
In materiali nuovi quegli oscuri residui
Eccoli trasformati. Non v'è chi non li invidii
Tra le ignote risorse che attendono un destino
Di riciclaggio, impiego e prezzo di listino.



III - La Canzone del Polistirene di Calvino

Resta aperta una questione : perché Calvino, attento conoscitore dell’opera di Queneau  con il quale aveva condiviso anche l’esperienza dell’OULIPO, nella sua traduzione de Le Chant non conserva il titolo così carico di suggestioni omeriche?

La questione non è marginale anche alla luce del fatto che Calvino aveva già trattato il mito delle Sirene in un saggio del 1980 sui diversi livelli di realtà in letteratura e in filosofia [10].
Calvino sapeva bene cosa le Sirene avessero rappresentato per Odisseo, prototipo dell’Uomo dell’Età del Bronzo : un’esperienza-limite.

Il loro canto è imperfetto perché  pre-razionale, e quindi incomprensibile nella sua essenza ad una mente astuta e calcolatrice quale quella di Odisseo.

Questo canto serviva solo a gettare le basi  di un canto spiegato: il racconto stesso dell’Odissea. In un certo senso l’Odissea è il mezzo ed il fine delle Sirene,  è una testimonianza insieme della potenza e impotenza della loro provocazione.

Analogamente il Polistirene potrebbe costituire per l’Uomo un’altra esperienza–limite.
E’ l’assaggio della creazione perfetta: la possibilità -  che l’Uomo tenacemente e arrogantemente si è conquistata - di manipolare la materia inerte e quella vivente (dalle macromolecole sintetiche a quelle  biologiche, al DNA , alla vita stessa) .

Questa volta il contesto è esclusivamente tecnico/scientifico, razionale quindi e comprensibile in toto dall’Uomo dell’Età della Plastica.

Questa volta è un canto spiegato che getterebbe le basi per una Canzone : il racconto della Scienza. La testimonianza di una provocazione ancora più grande e di potenza assoluta.
Scrive Calvino: «Cosa cantano le Sirene? Un’ipotesi possibile è che il loro canto non sia altro che l’Odissea. La tentazione del poeta d’inglobare se stesso, di riflettersi come in uno specchio si presenta varie volte nell’Odissea, specialmente nei banchetti dove cantano gli aedi; e chi meglio delle Sirene potrebbe dare al proprio canto questa funzione di specchio magico?»[11].

“L’uomo che crea Dio perché lo crei” [12], così come Omero crea ed è creato da Odisseo.
Calvino usa l’episodio delle Sirene per una riflessione sui livelli di realtà in letteratura, in grado di far luce su quel che è al di là dell’espressione, del dicibile e dell’ascoltabile: «L’esperienza ultima di cui il racconto di Ulisse vuole rendere conto è un’esperienza lirica, musicale, ai confini dell’ineffabile» [13].

Il canto delle Sirene va al di là dell’espressione e Odisseo, dopo averne sperimentato l’ineffabilità, si ritrae, ripiegando dal canto al racconto sul canto. E Calvino stesso ripiega così da Le Chant , il canto, al canto spiegato,  La Canzone.

«Inseguendo il canto delle Sirene” – termina Calvino – “arriveremmo all’estremo punto d’arrivo della Scrittura, al nucleo ultimo della parola poetica : alla pagina bianca di Mallarmé, al silenzio, all’assenza».

Così come pare voler insinuare - lui stesso o il suo inconscio?- che inseguendo la Canzone del Polistirene  si rischia di arrivare all’altro estremo punto d’arrivo della Tecnica : alla propria Onnipotenza e alla inutilità di Dio.

 

Riferimenti
[1] - Raymond Queneau “Le Chant Du Styrene” Commentaire pour un court métrage d’Alain
        Resnais, films de la Pléiade, (1957)
[2] - Raymond Queneau  (trad. Italo Calvino) “La Canzone del Polistirene” Scheiweiller (1985)
[3] - Archivi del Centro Ricerche “G. Natta” di Ferrara
[4] - Italo Calvino “Lezioni americane” Mondadori (2000)
[5] - Lettera di Italo Calvino del 10 agosto 1985 a Primo Levi: «Questo che ti mando è un primo tentativo per farmi la mano a trovare delle rime (senza le quali poco rimarrebbe dello spirito di Q.) seguendo il significato con qualche libertà. Ho tentato di mantenere la metrica dell’Alessandrino italiano di 14 sillabe (settenario doppio) che lascia abbastanza libertà di movimento, per cui spero di poter riaggiustare versi e rime dopo le tue osservazioni. Ti sarò dunque grato se potrai dirmi dove ho preso fischi per fiaschi e dove non ho usato i termini giusti” (…) “Ho usato qualche volta polistirolo anziché polistirene fidandomi dei dizionari che li danno come sinonimi».
Tredici giorni dopo, non contento, Calvino scriveva anche a Scheiwiller: «Potresti chiedere alla Montedison del materiale che possa essermi utile? Non dico un manuale ma qualche opuscolo o prontuario elementare. Ti accludo una lista di termini tecnici che non so se si possono tradurre letteralmente in italiano. L’ideale sarebbe trovare un ingegnere della plastica capace di entrare nello spirito di Queneau e di spiegarmi i punti oscuri; ma non so se si trovi. Naturalmente ho pensato a Primo Levi e gli ho subito mandato testo e traduzione;mi ha telefonato subito molto divertito e non ha trovato niente da ridire dal punto di vista chimico, ma per la parte meccanica e relativa terminologia ha potuto risolvere solo alcuni dei miei dubbi perché questo non è il suo ramo».
[6] - Odissea nella traduzione di Ippolito Pindemonte, F. Le Monnier  (1834)
[7] - Pablo Picasso
[8] - Ame Fredga “Les Prix Nobel en 1963”, Nobel Foundation Edn., Norstedt, Stockholm, (1964)
[9] - Italo Calvino, “I livelli di realtà in letteratura”, in I. Calvino, “Una pietra sopra” (1980),
        I Edizione Oscar, Mondadori, Milano 2002
[10] - Italo Calvino, op. cit.
[11] - Italo Calvino, op. cit.
[12] - Hans Jonas “Potenza o impotenza della soggettività” Medusa (2006)
[13] - Italo Calvino, op. cit.