PAOLO BADINI
Pensieri sulla poesia.

Ma che cosa possiamo dire  oggi della poesia   ?

Esiste un termine preciso che ci giunge da lontano,  proprio dalla nostra antica retorica, quella che già prima del secondo millennio si era allogata esattamente a  ridosso agli  studi di giurisprudenza, spesso addirittura precedendoli,  e che sembra oramai perduta nel profondo dei secoli, proprio nella notte dei tempi, ed occultata  negli anfratti  delle ipotesi che la Storia propone  ma  che, inspiegabilmente e periodicamente, in essa assumono abiti e connotazioni con  nomi sempre differenti. Tale termine può  esprimersi ed agire  nella vera intelligenza  dell’uomo, fino a raggiungere il suo cuore, verso ciò che è irrinunciabile e che inizia  dove avviene il moto spontaneo della pulsazione, respirazione e dove si manifestano  e talune trasformazioni che regolano gli equilibri della vita. Non è nemmeno da dire che, con tale definizione, noi possiamo interpretare e poi rappresentare una versione naturale di noi stessi, perché in realtà, la locuzione deriva e va a significare un concetto culturalmente molto evoluto e  che  riesce tuttavia a rimanere insito in noi  alla maniera di una protasi biocompatibile, e che, dopo, cogli anni diventi a tutti gli effetti una parte sufficientemente stabile del proprio organismo, anche se non vi è data per natura , e alla fine vi si  integri  perfettamente come se  costituisse una specie  di organo movimentato dal ritmo segnato dal  battito cardiaco.

Tutto cominciò da qui !  Che poi era un “dove comincia ”,  che,  una volta raggiunto, diventa il vero inizio di un territorio, l’esatto testimone del parlare, di se stesso, di un  topos   che in realtà  è già un  tropos .

Vai oltre  quel  luogo, che trovi dopo aver percorso la tua determinata, esatta  strada , da quel punto che stai valicando e che hai già immaginato prima, probabilmente differente da quanto hai sempre pensato, già  paragonato a qualche altro, magari  traendone utili conclusioni, oppure anche valutandone le esatte differenze: ecco è proprio in quel punto che inizia il procul . Esso diventa un termine linguistico risolutivo molto superiore che decide lo spazio in cui tutto coincide: la testa, il cuore, i polmoni, la lingua e la stessa retorica che la anima.

Quando la confusione è pestifera, brutale, criminale, infernale e tutti i diritti risultano  abitualmente abrogati, allora il giudice interviene con decisione e sancisce : “ Qui inizio io ! (procul a jiudicio) “ ed è proprio allora che il poeta recita :“Qui inizia la vera scienza del mondo!  La Poesia! “. Si comincia spesso con un titolo, con un incipit strano, che fa accedere al territorio sconfinato dei versi e a tutto ciò che ad esso è collegato. Comparato con la giurisprudenza segna il definitivo inizio della tenzone, della contesa che comincia ad essere pronunciata, in cui leggi legate ad un determinato tempo, diventano quasi per definizione astratte atemporali, utopia  pura , quindi si pongono in grado di decidere, escono dal tempo del mondo per potere giudicare sul tempo del mondo.  È un paradosso, che solo noi abbiamo inventato, che diventa concretezza, il legittimo e migliore modo di fare le cose, di procedere con  metodo e entusiasmo, pilotando l’ordine e il caos nel medesimo modo e che richiede un arbitro impressionante preparato, e definito con un termine dialettale studiato , colui che ha gli studi e le coscenze, l’immaginazione e la serietà, forse native, che servono veramente, che corrispondono  al volere e alla dignità della vita: anche il poeta, soprattutto oggi, manifesta l’impellente necessità di appropriarsi, ma soprattutto di manifestare tale dignità,

Non è detto che l’origine della versificazione soprattutto nella nostra lingua, in italiano, non corrisponda pur essa alla presenza di un dilemma, ad un argomento irrisolto, ad una diatriba da placare: conosciamo perfettamente come i nostri originari giureconsulti fossero legati alla versificazione ed anche quanto oggi la studio della  retorica leghi all’inizio e successivamente ampli lo spazio decisivo dei versi. Spesso si è sentito parlare, in maniera semplificata o altre volte più dettagliatamente , di qualcosa di inesprimibile , di inspiegabile, legato alla  versificazione, al verseggiare, all’esprimersi in modo poetico: ricordo che Adriano Spatola dichiarava  spesso che i versi  navigavano e si muovevano in una sorta di iperspazio. Fattostà che, quando una poesia, diciamo una poesia riuscita o compiuta con vera arte, conclude, un  problema del mondo che sicuramente gli era precedente, oppure in termini molto più semplici, uno stato dell’animo, viene trasformato in un enigma completamente placato: ed è proprio così che la poesia agisce abitualmente oggi.

La poesia , nonostante ciò, non viene  delimitata  completamente dalla retorica e dagli studi sul linguaggio  che essa è in grado di generare, anche se di essi soprattutto i poeti moderni tengono gran rilievo per una valutazione che sia approfondita. Nello stesso modo, una sentenza non si giustifica in un confronto e nella successiva valutazione tra elementi retorici e linguistici anche se sappiamo quanto i giureconsulti si siano nutriti per secoli di  glottologia e di linguistica comparata.

Certo non dobbiamo necessariamente ricorrere all’apologia del passato.  Dobbiamo considerare che tutta la poesia scrive oramai da secoli in un tempo verbale  presente: vuole strenuamente raggiungere un tempo futuro. Tuttavia, quasi per uso della lingua con cui viene formata, si trova imbrigliata pur’anche nel tempo passato, Questa considerazione, è banale , ma nello stesso tempo è l’unica che rifiuta ogni convenzionalità  e che determina uno strano seguito sulla letteratura.

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La letteratura, e possiamo dire  oggi l’arte si reggono (o non reggono!) sempre al contemporaneo. Ciò perché chi ne fruisce crea continui riferimenti con il proprio tempo. Ora, dopo tanti anni di studi di tutti i generi, si può chiedere: “I tempi sono davvero mai cambiati? ”, o  tutto si muove e si ripresenta in un continuo rimaneggiamento?

Allora arrivano i grandi autori, proprio quelli ! Le pietre miliari della letteratura, più o meno contraffatti  e tutto diventa e rimane rarità e pregio. E appaiono strani interrogativi: i “ perché “  e i  “come” che agiscono in un continuum  in cui ogni parola del verseggiare sembra dare una risposta, un aratro che dissoda un campo da tempo indurito e un vascello che solca acque torbide, poi scivola e salta fino a prendere il largo in pieno vento e in tutta velocità! Ed allora può arrivare fino a diventare un ‘astronave’ diretta verso mondi ignoti ….  La parola diventa veloce, pregnante, efficace, rapida:  imparato molto, per esempio, dal Futurismo che ci ha insegnato, nel secolo scorso, la possibilità di agire sull’identità di :  Arte=Società , vale a dire società di massa.  Veniamo coinvolti allora dai grandi movimenti delle folle e dei popoli di ieri e di oggi.  Uno strano stravolgimento della sintassi che regge e non regge , come la lettura delle cosidette avanguardie  che tiene, non tiene , poi dopo un po’ torna  a tenere, e infine per varie vie tiene  sempre … anche se richiede lettori particolarmente attenti e in possesso di raffinate chiavi linguistiche e filosofiche.

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Diverso, oggi, il discorso sulla prosa, quella che definiamo prosa d’arte  (ma ne diremo in altra  sede). Quando leggo, tutto è già passato. Poi l’evocazione che creano periodi o versi, l’enfasi e, diciamolo pure il suspence , conducono per verità a una inaspettata narrazione, pregna di considerazioni, più o meno importanti:  ma quando la misura critica critica è intelligente diviene essa stessa un impressionante organizzatrice di novità.

Il poeta-narratore s’avvia sempre ad una sconfitta di fronte ai suoi i tempi e a quell’eternità implacabile che viene generata dalla stessa narrazione: l’oggi corrispose  sempre all’oggi , senza che ciò generi mai verità, L’arte dello scrivere può quindi generare, se recepita con troppa superficialità, proprio l’esatto contrario di sé: il dramma diventa stabile, immutabile nel tempo presente, impenetrabile ad ogni intima e mossa esperienza.

Pensiamo ora ad un esempio abbastanza semplice. Leggiamo un classico antico o recente, diciamo Dante o Shakespeare, o anche Eliot, oppure anche il nostro abbastanza recente Ungaretti. Soprattutto oggi, quando tanta gente è disabituata alla  complessa esperienza e attenzione che  richiede la poesia, la lettura può ridursi a una apparente, morbida, facilità continuità sorretta dalle numerose, anche scolastiche, precedenti letture storico-critiche. Va le a dire che la versificazione viene letta un po’ come un linguaggio noto, quasi ovvio, stemperata già in comparazioni precedenti, sicuramente sovente molto diversa dalle stesse intenzioni dell’autore. Questo argomento ,  della diversità dei tempi, è evidentemente di rilievo epistemologico. Ciò non apparirà, a quel lettore, tanto evidente se ignaro di passate scoperte culturali, della necessità di una preparazione e di una intelligenza, misurabile in una scala di valori che sia conscia di una profonda differenza tra le epoche diverse. Pensare e valutare il passato è impresa di pochi studiosi

Lo sperimentalismo letterario ha anche prodotto testi abbastanza insoliti riferibili a spazi  senza tempo che si arroccano tra poesia e prosa. Cito, a titolo d’esempio, l’interessante componimento “Idalium” di Flavio Ermini, in cui si legge  un narrato, un racconto per  brevi segnalazioni, exortatio efficace per segni e allusioni, personaggi, figure umane incomplete come si addice ad un tratto di disegno moderno che rimandi molta della sua intelligibilità al tempo futuro del fruitore.  E’ questo sistema di lettura della proiezione del  pensiero che non concepisce nessuna  triviale mentalità , una completezza di momenti del narrare e del poetare, uno splendido atto di  fiducia sull’onnipresenza e la potenza della perola poetica, un intervento che proviene  anche dal passato  di cui comprende ancora ciò che resta di una certa apparemente superata mentalità.

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Nonostante sia trascorso quasi un secolo e mezzo, anche molti uomini di cultura europea ancora oggi sembrano riconoscersi nel grande dilemma che  ha attraversato il  Centro Nord  dell’Europa, generato dal contrasto che ad un dato momento, alla metà dell’Ottocento, segnò la divisione culturale traWagner e Nietzche .

Uno degli aspetti più rilevanti dell’arte di Richard Wagner fu  quello di ritenere la filosofia , cioè la riflessione sul mondo, come un immenso sistema drammatico; oggi per noi è quasi del tutto inspiegabile come ciò fosse legato alla lettura di Schopenaheur, perché oggi la sua musica ci ispira oceani senza limiti e forse dovremmo su di ciò riflettere. Nietzche avrebbe preferito una eroica dismisura personale più legata al quotidiano, pure con diversi aspetti anche gioiosi, se non addirittura ironici, che proponessero  una vita libera dalle prevaricanti istituzioni. In seguito, tuttavia, il messaggio di Fredrich Nietzche sembra dar vita a un serie di artisti più o meno scettici, e ancora oggi, solamente, viene evidenziata superficialmente la posizione di un filosofo distruttore di sistemi più o meno legati al potere.

Molti ancora oggi ricordano le impressionanti dichiarazioni criminali di Himmler che ordinava  ai suoi uomini, non appena udissero la parola cultura, mettere mano alla pistola. Mentre non si dimenticano gli sconcertanti maneggi di Goebbels per cercare di asservire al nazionalsocialismo  gli intellettuali e gli artisti, ovviamente perseguitando poi i non asserviti.

Il pianoforte è sempre stato per  Karlheinz Stockhausen  uno strumento che  dava la possibilità di sperimentare in un campo che non è poi tanto minimo, ma è ritenuto tale, tutti i drammi, le inquietudini e soprattutto i dilemmi della cultura artistica. Ne risulta  una cultura chiara , molto precisa e stranamente collegata agli squilibri militari che  hanno tormentato l’Europa. Soprattutto nelle sue composizioni il grande musicista  tenta di far convergere e avanzare la transizione tra concezioni ritenute opposte tra di loro, Ed è proprio questa facilità, per  non dire semplicità, che la letteratura e soprattutto la poesia devono iniziare a conoscere. La difficoltà  di rappresentare l’inesprimibilità legate al pensiero contemporaneo potrebbero  arrivare ad una nuova  concezione ed evoluzione. Il pensiero di agire in un  nuovo mondo che possa mediare il passato e il quotidiano a tutto non è una ipotesi da sottovalutare, ma è, nello stesso tempo, la risposta più pacifica ai problemi del mondo. Ma vogliamo veramente questa pacificazione?  Se lo vogliamo dobbiamo necessariamente accogliere l’arte e soprattutto la poesia quali misure di verità. E dal suo apparente non sense dovremmo ben non trascurare le rigorose, seppur libere, dismisure della musica.

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Vorrei riprodurre il frammento di una lettera inviata da Albert Einstein a Sigmund Freud  il 10 Luglio 1932 :
«  … this is a fact with which we have to recgkon; law and might inevitably go hand in hand , and juridical decision approach more nearly the ideal justice demanded by the community  in whose name and interests these verditcts are pronunced in so far  as community  has effective power to compel  respect of its juridical ideal».