AA.VV. Alcune citazioni sulla luce e sull’ombra
Presso gli ateniesi nacque Museo e presso i tebani Lino .
Si dice che Museo fosse figlio di Eumolpo, che per primo avesse composto una Teogonia e una s fera e che avesse sostenuto che dall’uno tutte le cose si generano e nell’uno tutte si risolvono.
(Lobone dai Presocratici )
Eraclito sostenne il motivo dell’unità degli opposti (tensione dei contrasti) . E se è vero, secondo Platone, che per Eraclito “morte” e “vivente” sono una identica cosa allora si comprende come “ciò che è vita-morte” voglia e non voglia il nome di “vivere”.
(Eraclito dai Presocratici).
Il dio è giorno notte, inverno estate, guerra pace, sazietà fame, e muta come il fuoco, quando si mescola ai profumi e prende nome dall’aroma di ognuno di essi.
(Eraclito, dai Presocratici).
Dio non ha né viso né nome. Ciò non vi spaventi perché comunque e ovunque egli È . Ciò che È .
( Meister Eckhart, I Sermoni ).
Egli voltò la testa verso di lei, la osservò, le guardò gli occhi neri che in quel momento lampeggiavano in modo incomprensibile per lui, si provò a sorriderle, ma a un tratto, come se in un attimo si fosse dimenticato di lei, tornò a rivolgere lo sguardo a destra e di nuovo, e di nuovo prese a seguire la sua straordinaria visione
( Fëdor M.Dostoevskij, L’idiota ).
Posso spiegare come ripetendo due volte tu cambi il significato davvero cambi il significato. Ciò lo rende più interessante. Se lo applichiamo a una persona la rendiamo più reale ( Geltrude Stein in Cerchio Magico di James R.Mellow).
Abbiamo studiato le opere di questa corrente [ cinetismo e concettualità ] tenendo presenti le forze che vi agiscono: la maggior parte delle macchine sono mosse da forze elettromeccaniche, ma le forze, umane, i movimenti idraulici e magnetici, ossia le forze solari e le macchine cibernetiche, vi hanno anch’esse una loro funzione . Nell’ambito dell’imprevedibile le opere mobili vengono mosse dalle correnti d’aria o dalla manipola zione [ l’imprevedibilità sfugge a un significato certo e stabile ].
( Frank Popper, L’arte cinetica, l’immagine del movimento ) .
A - ( Il sign ificato).Si vuole che nel gesto che inaugura la significazione il significato venga marcato per una sorte d’assenza. Come non domandare quale peso possa avere se già il significante lo destina nei trucchi del proprio passaggio? Davvero il legame nel quale oscilla è curioso: un destino lo colora in mancanza di peso, ma l’irresponsabilità è tale che promuove l’azzardo della lettura, l’interminabilità della decodifica sulla scia dell’ attesa a forza incerta e impossibile. Così, anche se non fa luogo, quasi a riscattare l’indirezione, rafforza e funge lo spostarsi del messaggio verso la svista stessa dell’interpretare.
Effetto e ombra il significato. E mai saprà chiarire a chi fondersi, se a chi rispondere.
B
- ( Il vuoto
), Per
certo non si tratta di pensare il vuoto in quell’assenza di segno
che alimenta l’affresco descrittivo della metafisica dell’essere
sino allo spazio del linguaggio in cui si vuole che l’essere prenda
colore. Si tende invece una pratica audace. È così che mi accosto
all’ Ars Poetica
di
Archibald M ac
Leish là
dove è accarezzata una precisa immagine: A
poem should be wordless / As the flligth of Birds.
La poesia esperienza
del vuoto. Eccolo quale
tramatura del gesto, di un gesto sorprendente che viaggia nel posto
stesso del segno ove si genera in testo
a
venire ,
irraggiungibile. Ma, dispositivo non
enunciabile, articola all’interno del sistema il come
cambiare la significazione. Vanità del vuoto: il soffio che fa
essere la poesia.
(Alberto Cappi,
Materiali per un frammento).
(Gli
0cchi). Ma io non
intendo essere il tuo
carnefice: ti fuggo per non farti soffrire. Tu dici che i miei occhi
ti assassinano: molto gentile, questo è anche molto probabile che
gli occhi, le cose più delicate e fragili che abbiamo, pronti a
chiudere timorose porte a un pulviscolo, sian chiamati tiranni,
macellai e assassini. E allora guarda: con tutta di me te li squadro
addosso; e se i miei occhi possono ferire, ebbene, che ti uccidano
subito. Ma sì, fa’ finta di svenire, ora, e cascami pur lì: ma se
non puoi, vergognati,, vergognati, e non mentire, e non dire che i
miei occhi ti assassinano; mostra su la ferita che ti hanno aperta i
miei occhi nel petto. Prova a scalfirti appena con uno spillo e
vedrai che un segno rimarrà; posa la mano appena sopra un pruno e la
tua palma per qualche attimo ne serberà il segno ben visibile. Ma lo
sguardo che ora io ti saetto addosso non ti ha ferito, perché, ne
son sicura, non
esiste nell’occhio tanta
forza da fare una scalfittura.
(W.Shakespeare, Come
vi piace).
(Lo sguardo alle ultime cose visibili – Parafrasi da Interno a Petworth ).
… Interessa poco, in altri termini, determinare con certezza descrittiva, topografica, perfino biografica rispetto alla permanenza di Turner a Petworth e alle varie circostanze del soggiorno, che cosa in effetti si trovasse nella stanza al momento in cui il pittore la dipinge, o rievoca… In Interior
… ciò che si viene ad esporre sembra essere piuttosto la “rappresentazione” di una condizione emotiva assai complessa, che è da indagare, malgrado l’ermetica allusività dell’opera, attraverso gli elementi che vi si intravedono con qualche cenno di somiglianza, sotto l’influenza (generica ma indubbia) di Rembrandt per un insistito ricorso ai forti contrasti, chiaroscurali, e di Piranesi per il senso di chiusa segretezza dell’Interno…
A parte il fatto che per riconoscendosi, nel caso specifico, una notevole concordanza con A Vaulted Hall, del 1835, il turbinoso “sublime” di una luminosità che irrompe dall’ombra è in Turner un dato già stabilito da tempo, dalla più lontana attenzione al gotico, fino a certe soluzioni “naturali” (non naturalistiche) e implicitamente simboliche, come in Snow Storn (1812), o The Field of Waterloo (1818)… al di là delle circostanze, delle coincidenze da cui l’opera potrebbe essere stata dettata, l’opera stessa emana da sé oscuramente suggestioni di significato multiplo…
…
Il
primo e più evidente effetto è di tipo sacrale “ecclesiale” per
la sua struttura architettonica dell’impianto formale a dispetto
dello sfaldamento coloristico, in una specie di geometria mentale.
L’interno si espone come uno spazio sufficientemente designato…
connesso
all’esterno da un
arco, “forma” vuota,
da cui
il
fascio di luce,
particolarmente denso di
materia, la quale entra, batte, e si riverbera su una massa che è
percepibile come una sorta di altare …
Questo
Interno
con il suo
vuoto centrale colmato e attraversato da una irruzione
di luce che nello
scontrarsi con quel cumulo
d’oggetti affastellati come relitti di vita li evidenzia, consente
loro un corpo di
ombre e nello stesso tempo li dissolve, accecando così da
ri-velare la
loro verità, questo Interno
si
manifesta come luogo metafisico dell’incontro e del passaggio.
Luogo in cui si stabilisce, per immagine unitaria di una molteplicità
allusa nel momento del suo farsi
disfarsi ,
la duplice concordanza a specchio del sorgere e del tramontare della
luce… Compresenza sublime degli opposti, dell’energia che
consente la visione, estinguendo, che affida all’ombra
il momento della separazione illuminante
della trascendenza. Stabilità della luce di
qua e di là dell’involucro in cui si tiene
quel brulicare di vita in dissoluzione… Ma in questa impostazione
frontale, “teatrale” dove il vuoto dell’arco della luce
consente chr vi sia corrispondenzo fra il dentro e il fuori
annullando l’intimtà del chiuso… Interior
at Petworth può
imporre anche un principio
di condensazione e dispersione. Cio che conta, in questo teatro è
l’ambigua
collocazione della soglia, la non
definitiva indicazione del suo centro.
(Roberto Sanesi da “Interno a Petworth)