Giovanni Campi
Il tanatocentrismo di Manga.
La poesia di Giorgio Manganelli


"La ragione che non so scrivere poesia 
è naturalmente la meno importante"
(Giorgio Manganelli, Un libro)



« Le poesie di mio padre restarono chiuse in una valigia che lui ogni tanto riapriva per rileggere, apportare qualche correzione, e soprattutto approntare per libri di versi – indici sempre simili ma leggermente differenti fra loro, che dovremmo studiare attentamente. Il librò però non vide mai la luce»

- cosí scriveva Lietta Manganelli in Le poesie giovanili di Giorgio Manganelli , («Poesia», XII, n.130, luglio-agosto 1999, p. 9); da allora, il libro non solo è stato edito, con il titolo di Poesie , da Crocetti, nel 2006, con la cura, uno scritto e una nota al testo di Daniele Piccini , il quale ha studiato e gli indici, come chiesto e raccomandato da Lietta, e le correzioni che si susseguivano nelle varie redazioni, laddove presenti, ma è stato anche oggetto di studî specialistici, uno dei quali è naturalmente la postfazione di Federico Francucci . E proprio il titolo di questa postfazione, " splanamento dell'angosciastico "?, preso quasi pari pari dal titolo d'un paragrafetto dell'opera d'esordio di Manganelli , Hilarotragoedia , non fosse per quel punto interrogativo posto dopo il virgolettato, proprio quel titolo, che si e ci chiedeva, mi ha fornita la chiave pel dipanarsi garbugliesco, di questo mio articoletto certo non specialistico, non avendone le capacità, e cioè il tentativo d'enumerare caoticamente le discordi concordanze e le concordi discordanze tra prosa e poesia manganelliane. Questo volume

Giorgio Manganelli
POESIE
Crocetti Editore


mi fu donato da Lietta Manganelli e, insieme al saggio pubblicato dalla rovista POESIA mi diede la felice possibilità di completare fin dalle origini la fascinosa conoscenza del poeta.

Il volume ora qui citato contiene, a mio attuale sapere, l'opera tutta della poesia manganelliana, dalle poesie giovanili all'ultima, datata 31 ottobre 1962, della quale ultima è subito da dire come contenga e svolga quel 'tanatocentrismo' da piú parti indicato tema cardine della sua poetica e al contempo tema da scardinare:

Ma lo sai che muori? Muori veramente! / […] Giunge intendo dire la morte, esattamente / come dopo il giorno viene la notte tenebrosa” 1 Essendo appunto quel cardini… instabili , i cardini della porta che sa che […] non ci sarà per lei né chiudersi, né aprirsi . Ma solo questo ininterrotto attendere […] attendere la morte in questa ininterrotta fragilità” 2 .

Non è certo questa la sede per un catalogo degli attributi dati alla morte, e non per una nostra insita ” difficoltà di comunicare coi morti ” o con gli . ” adediretti” soltanto, ma ché occuperebbe pagine infinite da in pratica tutti i suoi libri, ci resta però da dire che solo e appunto scardinando la volontà di morte, e quale e quanta questa sua la conosciamo anche attraverso la pubblicazione di alcuni inediti riferentesi d’un lato alla lettura e commento del Diario di Cesare Pavese ,

se (ne) leggo due o tre righe, qua e là […] ho paura: paura soprattutto di quel terribile cerchio di solitudine, quel ritornare costantemente sul proprio cuore – la peggiore delle abitudini – perché è l’unico termine possibile del nostro dialogo. Quanti anni sono che io mi dibatto tra gli stessi problemi? E l’esito – l’sito sopra il medesimo? Sarà quello il mio unico gesto umano, ragionevole, quello che mi porrà in accordo naturale con la realtà, che ora mi è tanto difficile capire”? 3

e dall’altro al suo primo embrionale tentativo di “ scrivere libri e altre cose ”, che risulta essere un vero e proprio trattatello sul suicidio, laddove, citando il verso di Amore e morte : “ la gentilezza dell’amor” comprende, “ il desiderio di morir ” dell’amato Leopardi che diventa in lui

speranza della morte: che non può mai lasciarci, ma solo allora si fa chiara e persuasa e consapevole, quando ogni altra speranza è svanita, o in qualche modo fatta scema” 4

solo perciò scardinando questa volontà, ” la voglia di morire5 , la “ voglia della morte.6 , e scardinarla tenendola sempre ben presente e cosciente, - solo in questo modo, dunque, si può riuscire al “ mestiere di vivere ” che in lui è in simbiosi con quello di scrive: “perché esiste qualcosa da dire piuttosto che nulla?”

"Cazzo! Ma lo sai che muori? Muori veramente! / Folla moribonda tu guardami, tu vedimi […] / Giunge, intendo dire, la morte esattamente / come dopo il giorno viene la notte tenebrosa, / […] Non darci importanza: tieni per certo, è cosa che finisce […]” 7


Partire dall’ultima poesia, quella, come suggerito dallo stesso Manganelli con le suggestioni da Stephen Hawes , e cosí, che sia l’ultima, ci è dato di sapere grazie alla Nota al testo di Piccini , partire dunque dall’ultima e non dalla prima poesia, come sarebbe stato forse piú logico fare, non è tanto o non soltanto per contravvenire all’ordine cronologico, quanto per venire incontro al dettato manganelliano del disordine o confusione dei tempi: non ci ha forse lasciato detto, sí, proprio a noi, a noi “lettori imprecisi ]… ) impossibili [… di] allude (re)

ad eventi accaduti tra due secoli, che accadranno tre generazioni fa” 8 .

Se è vero, come è vero, che Manganelli, nel momento in cui scrive, e uso il presente proprio per adattarmi al disordine dei tempi or ora detto, nel momento in cui scrive una prefazione, una recensione, un saggio, su qualche autore, è come se scrivesse dei risvolti a suoi possibili, o anche impossibili, libri; ecco allora che quando e quanto scrisse su e di Beckett in occasione della pubblicazione d’un suo volume di poesie9 :


quando uno scrittore, già noto per singolari imprese, di romanziere e drammaturgo, ci affronta con un fascio di poesie, quasi fosse agli acerbi inizi di una certa carriera, lo accogliamo con assai misti sentimenti: una simpatia curiosa ma non generosa, ed anzi un poco ironica, per lo scrittore che osa esibirsi nella più ambiziosa e perigliosa delle imprese letterarie; cautel contigua alla diffidenza, giacché sa di soperchieria questo commerciar poesia sotto una insegna già altrimenti illustre, e ancheuna punta di deplorazione per il romanziere che, sospettiamo, mosso da una cauta pietas verso se medesimo, recupera i documenti di un estro da tempo estinto“.10

Ecco che ciò potrebbe avvalorare la ragione del suo non voler dare alle stampe nessuna poesia: il non essere disaccolto, o malaccolto, il non essere deplorato.

Nonostante talvolta abbia pur pensato di alcune pubblicarne (la testimonianza del quale pensiero sono i due " indici” i d'autore] scritti "a mano”, indici di cui il Piccini ha tenuto conto per la "prima edizione del libro"), ma non certo quelle giovanili, quelle mostrate ad esempio al professor Vittorio Beonio Brocchieri con il solo risultato che " ha detto che certe mie poesie se pubblicate anonime potrebbero venire attribuite a qualche moderno, e questo mi dispiace non poco”, e che dunque “ forse è più il negativo del positivo” .11 Manganell i , dopo qualche anno in cui sovrappone le produzioni di saggî, prosa e poesia, si dedica esclusivamente alle prime, abbandonando del tutto la produzione poetica propriamente detta.

Naturalmente, elementi intertestuali si succederanno anche in séguito, ma restando a quegli anni, segnati tra l'altro dal suo esordio, e muovendo i nostri tra i suoi passi, proprio " come (un) ventaglio di rette che si monoaccentri” 12 , si riprenda a pretesto per accennare all'idea che Manganell i ha della funzione poetica l'articolo saggio sulle poesie di Beckett , il cui titolo è " (qualcosa da dire). Quanto gli sia ostile questo qualcosa da dire si può rinvenire anche nell'intervista effettuata da Eugenio Battisti a lui e ad altri autori del famigerato Gruppo 63 in occasione della chiusura dei lavori della loro seconda riunione tenutasi i primi di novembre del 1964 a Reggio Emilia, intervista in cui a un certo punto Manganelli citando altri cita sé stesso e proprio riguardo all'articolo testé detto: “ho anche citato Auden: «Guai allo scrittore che ha qualcosa da dire»,… Bisogna assolutamente che lo scrittore come mi è capitato di dire in un articolo su Beckett prenda la sua verità, e la trascini per i capelli, in una regione in cui la verità come tale non ha alcun privilegio sul falso” 13 , questo perché “avere qualcosa da dire” è per uno scrittore [ un ] inizio rovinoso: il problema è sempre di trasformare quel qualcosa da dire in struttura, in linguaggio” 14 .

Se dunque d'un lato si dà questo qualcosa da dire , ostico e a lui e allo scrittore in genere, d'altro lato si può immaginare vi sia il suo opposto, vi sia appunto qualcos'altro, e piú confacente anche, e paradosso vuole che questo qualcos'altro, non essendoci né qualcosa né altro, non sia che il . niente da dire , niente da dire che già nel primo trattatello sul suicidio associa in modo indissolubile alla poesia: “nel 300 e fino al 500 non mettevano titoli alle poesie. Avevano perfetta coscienza che una poesia non parla di niente. Di che parla «chiare e freschi acque»? Di niente” 15 ). Niente da dire che nello stesso trattatello, come una sorta di continuità nella diversità, associa, per altro, anche alla prosa. 16 . Niente da dire che infine e altrove associa anche alla musica: " ecco la musica che cosa meravigliosa. Nessuno chiede mai alla musica che

cosa vuol dire. È pacifico che la musica non voglia dire niente La cosa meravigliosa sarebbe dunque avere, piuttosto che qualcosa da dire , “ niente da dire .

Tutto il nulla, o parte d’esso.17

Inaugurando questo spazio come adibito al nulla, e dando ad esso cominciamento, nonostante il Manga stesso ci dica “ Non ho piú voglia di cominciare. È impossibile. Non c’è niente da dire, niente 18 , quasi per ciò d’un lato a principiare là dove si era finito, - il niente da dire , - e dall’altro a comprovare l’impossibilità ad andare oltre: Finora non abbiamo cominciato? Che cosa ci impedisce di cominciare? […] Ma se andasse oltre il cominciamento, […] non si potrebbe cominciare, non si potrà mai piú. […] Tutto ciò che comincia, e comincia tutto, nello stesso istante finisce, è finito 19 , ci si ritrova insomma persi a cominciare e nello stesso tempo finire, stando all’interno del nulla non avendo per altro niente da dire, ma ecco che proprio " quando non si ha piú niente da dire, viene il momento vero del dire; quando gli argomenti sono finiti, l'unico argomentare principia; [...] colui che non ha piú niente da dire è loquace, esatto, pertinente. È inconfutabile. Dunque, è ragionevole supporre che io abbia qualcosa da dire. Ahimè . " 20 E a conferma e negazione dell'ultima frase " potrei dire, e di fatti dico, sottoscrivo e confermo, che ora io non ho niente da dire, [ma] il fatto che io non abbia niente da dire, significa solo che io parlerò del niente - non già del nulla - come argomento di conversazione letteraria " . 21

Noi invece, stante questa distinzione tra niente e nulla, cercheremo di finitamente intrattenerci con il nulla anziché non con il niente. Ora, è forse vero che nei testi manganelliani, come ci avverte Alfredo Giuliani, il Grande Nulla è nichilsimile, ossia privo del pregio mistificatorio che avrebbe un Nulla filosofico, leopardiano, un nulla preso sul serio 22 , quello di, per intenderci,

«Io era spaventato nel trovarmi in mezzo al nulla, un nulla io medesimo. Io mi sentiva come soffocare, considerando e sentendo che tutto è nulla, solido nulla». " 23

Sebbene a tratti non manchi, lo stesso Manganelli, di rinsolidificarsi attorno all’orrore e all’angoscia di cosiffatto nulla a sua volta solidificantesi, quando per esempio rivolgendosi ad un ipotetico tu gli dice: e tenti, […] tenti di dare a tanto nulla, per congegno di quantità appunto, una sua consistenza, un solido esistere, un essere qui, cosí che alla fine possa appunto il nulla, questo nulla che per altro non senza orrore non puoi non riconoscere come musicante, questo nulla dico possa esserti didascalico all’essere 24 ; ma, sia vera o meno l'affermazione di Giuliani, sapendo purtuttavia che negli spazî letterarî istituiti dal Manguru " la verità non ha alcun privilegio sul falso ", è evidente che si sia come dentro " un progetto ipotetico, di sempre piú difficile lettura, e in regressione verso il nulla ". 25 .

Per cui, quasi riprendendo queste ultime parole, " tutto è falso ; [...] ma [...] è un progetto; forse un progetto posteriore " 26 ., a presentare, poco oltre, questo nulla nato da quel progetto, è in pompa magna il Manga:


" Signori! ci vollero miliardi di anni per fare il mondo, ma chi misurerà l'abisso del tempo, immisurabile in quelle circostanze, che fu necessario adoperare per costruire, pezzo a pezzo, il nulla? " " 27 .


" Non osiamo invitare, ci basta dire: entrate nel nulla, questa è la vostra casa; lo spazio è tale - il nulla è tale - che potrete sostare in questa casa senza mai sapere di altri frequentatori " " 28 .

" Signori, questo è il nulla: spazioso, accogliente, disponibile, espansivo e retrattile, può trovare degna sede per il tutto, il doppio, il triplo del tutto; in questa casa abbiamo raccolto una parte - notate l'ironia - una parte del nulla; non dubitate, vien cambiata ogni giorno, il nulla, qui da noi, non è mai stantío " " 29 .

Ci sono dunque parti e parti del e dal nulla, sia esso risibile come in questi ultimi esempî, sia esso serio, come nella poesia del 23 gennaio 1961, con un invito a " con l'unghia scriv [ ere ] sul tuo nulla ", che è per ciò quasi un manifesto di scrittura, incipitando, tra l'altro, con un " scrivi, scrivi " e terminando con un " a capo ", a volere testimoniare l'anfibologia

D’ogni fine e fine: " 30


!.

Scrivi, scrivi,
se soffri, adopera il tuo dolore,
prendilo in mano, toccalo
maneggiato come un mattone,
un martello, un chiodo,
una corda, una lama,
un utensile insomma.
Se sei pazzo, come certamente sei,
usa la tua pazzia, i fantasmi
che affollano la tua strada
usali come piume per farne materassi,
o come lenzuoli pregiati
per notti d’amore,
o come bandiere di sterminati
reggimenti di bersaglieri.



2.
Usa le allucinazioni: un
ectoplasma serve ad illuminare
un cerchio del tavolo di legno
quanto basta per scrivere una cosa egregia –
usa le elettriche folgorazioni
di una mente malata
cuoci il tuo cibo sul fuoco del tuo cuore
insaporisci della tua anima piagata
l’insalata, il tuo vino
rosso come sangue, bianco
come la linfa d’una pianta tagliata e moribonda.


3.
Usa la tua morte: la gentilezza
grafica gotica dei tuoi vermi
le pause elette del nulla
che scandiscono le tue parole
rantolanti e cerimoniose,
usa il sudario, i candelabri
e delle litanie puoi fare
un bordone alla melodia – improbabile –
delle sfere.


4.
Usa il tuo inferno totale
Scalda i moncherini del tuo nulla,
gela i tuoi ardori genitali,
con l’unghia scrivi sul tuo nulla
a capo


(23 gennaio 1961) (30)


È da dire come Manganelli abbia sempre presente la lectio leopardiana , anche laddove pare voglia farne una parodia, o semplicemente laddove pare seguirne il dettato come appunto in questa stessa poesia, che parla di sofferenza e dolore , pazzia e allucinazioni , morte e inferno , di nulla e nulla , temi appunto cari al suo caro Leopardi. Rileggendo, a proposito e a contrasto, una lettera di questi al Giordani datata 6 marzo 1820: " 31

«Questa è la miserabile condizione dell’uomo e il barbaro insegnamento della ragione, che i piaceri e i dolori umani essendo meri inganni, quel travaglio che deriva dalla certezza della nullità delle cose, sia sempre solamente giusto e vero. E se bene regolando tutta quanta la nostra vita secondo il sentimento di questa nullità, finirebbe il mondo e giustamente saremmo dichiarati pazzi, in ogni modo è formalmente certo

che questa sarebbe una pazzia ragionevole per ogni verso, anzi che a petto suo tutte le saviezze sarebbero pazzie, giacché tutto a questo mondo si fa per la semplice e continua dimenticanza di qulla verità universale, che tutto è nulla» 31

Qui vengono citati e sviluppati alcuni di quei temi. Il Manga, immaginato a rileggere insieme a noi, certo non dimentica l’assunto che tutto è nulla , ma sostiene che, nonostante ciò, esso nulla vada usa to, ed insieme ad esso il dolore , adopera ti, sebbene meri inganni , sebbene la nullità delle cose tutte , adoperati appunto come cose, addirittura come utensil i; e cosí la pazzia e le allucinazioni di una mente malata . Egli invita, esorta ad usa rle, proprio in ragione della consapevolezza d’esser giustamente chiamati pazzi , dacché l’ipotesi - se sei pazzo - è d’ emblée detta come certamente sei , ma anche che questa propria pazzia sia appunto ragionevole .

Ossimoro, quest’ultimo, che è una delle da lui amate figure retoriche, se non la piú amata, e con la quale cercherà non di conciliare gli opposti, né di risolverli, ma di dirli, di scriverli. Tra l’altro, proprio questo ossimoro – follia ragionevole –è tratto dai suoi Appunti critici e in particolare dal seguente del 6 gennaio 1953 : “ il barocco è il sistema dei contrasti, ma non risolti; senza dialettica: è proprio il coesistere del sí e del no, una ‘follia ragionevole’; non può dunque tendere ad una soluzione, e gli è estraneo l’ottimismo romantico; ma neppure è pessimista: è piuttosto tragico, e vitale: troppo attento alla robustezza dei suoi contrasti, per accordarsi tregua. In un certo senso, non sceglie: o sceglie l’assurdo, il contraddittorio 32 , assurdo e contraddittorio che gli fa affermare nell’appunto immediatamente posteriore che il “ nulla è reale ”, proprio questo ossimoro, si diceva, e il frammento che lo contiene, è stato preso ad emblema per il convegno a lui dedicato in quel di Pavia tanto da essere riportato in copertina nel volume stampato per l’occasione: “Per Giorgio Manganelli. Pavia, 28 maggio 1992 , a cura di Angelo Stella, Varzi, Corrado e Luigi Guardamagna editori per l’Università degli Studi di Pavia, Centro di Ricerca sulla Tradizione manoscritta di Autori moderni e contemporanei”.

Prendendo infine alla lettera l’esortazione contenuta nell’ultima strofa della suddetta poesia ad usa re l’inferno totale , aperto per la bisogna, e a caso, Dall’inferno suo: “ Dunque questa è la reggia definitiva. E dunque qui sarà chiarito dove mai io morendo sia disceso o emerso . […] In ogni modo tu sei una estensione del nulla . […] sii nero abisso in nero abisso: sei nulla, o astensione del nulla. Avrai altre metamorfosi 33 , e tralasciando di soffermarci sia sulla reggia definitiva laddove catalevitare in nero abisso ingiusinsuso, sia sull'uso del possibile refuso tra estensione e astensione , refuso che, si sa, secondo il suo stesso dettato, non va mai corretto, ed anzi, ci abbandoniamo per ciò ad una ennesima trasformazione: “ Essere il nulla: ecco una espressione retorica, senza senso. E tuttavia non saprei dire meglio. Cessai di essere il nulla e mi precipitai ad essere le tenebre 34 .



1 Poesie , pg 213 ed. cit.

2 Rumori o voci , pg 41 de l'ed. Rizzoli 1987

3 da Scritti , appunti inediti parzialmente pubblicati in Riga 25, Marcos y Marcos, pg 93.

4 Un libro, inedito parzialmente pubblicato in Riga 25, Marcos y Marcos, pg 113.

5 Poesie , pg 63 ed. cit.

6 Ivi .

7 Poesie , pg.213 ed.cit.

8 La letteratura come menzogna, (1967), pg. 219 / ed Adelphi (1985), dal titolo omonimo-

9 si tratta di Poesie in inglese, Samuel Beckett, Einaudi (1964)

10 Qualcosa da dire in Letteratura come menzogna , pg.95 ed.cit.

11 Lettere alla fidanzata Fausta Chiaruttini, trafiletto da Poesia, XII, n.130 luglio-agosto 1999, pg.4

12 Hilarotragoedia , pg. 10, ed. Adelphi 1987

13 Gli amici dissidenti: Il Gruppo 63 a Reggio Emilia in La penombra mentale , pg. 27-28, Editori Riuniti 2001

14 Qualcosa da dire in Letteratura come menzogna , pg.97, ed,cit.

15 Un libro inedito parzialmente pubblicato in Riga 25, Marcos y Marcos, pg 113

16 Ivi

17 tratto da G.Pulce, Lettura d’autore, Conversazioni di critica e letteratura con Giorgio Manganelli, Pietro Citati e Alberto Arbasino, Bulzoni pg.115

18 Il gioco , tratto dal vol. La notte pg 61 dell'ed. Adelphi 1996

19 Il presepio , pg.56 dell’ed. Adelphi 1992

20 Discorso dell'ombra e dello stemma , pg 86 dell'ed. Rizzoli 1982

21 Discorso dell'ombra e dello stemma, pg 135 dell'ed. Rizzoli 1982

22 Alfredo Giuliani, Giorgio Manganelli teologo burlone, articolo de la Repubblica 17-12-1997

23 Giacomo Leopardi, Zibaldone , 85

24 Rumori o voci , pg 72 dell’ed. Rizzoli 1987

25 Sconclusione , pg 125 dell'ed. Rizzoli 1976

26 Discorso dell'ombra e dello stemma , pg 152 dell'ed. Rizzoli 1982

27 Discorso dell'ombra e dello stemma, pg 153 dell'ed. Rizzoli 1982

28 Ivi

29 Ivi

30 Scrivi, scrivi in Poesie pg 184-185 dell'ed. Crocetti 2006

31 Giacomo Leopardi, Lettere pg 103 dell’ed. Classici Ricciardi Einaudi Tomo Primo 1977

32 Appunti critici , 1948-1956, parzialmente editi in Riga 25, Marcos y Marcos, pg 79-80

33 Dall’inferno, pg 94 dell’ed. Rizzoli 1985

34 Il gioco , tratto dal vol. La notte pg 61 dell'ed. Adelphi 1996