Di Raffaella Di Ambra, sociologa e psicanalista, e poeta di rara misura, i lettori di “Testuale” possono ricordare fra i suoi molti lavori specialistici in particolare le sue eccezionali ricerche su Barthes e Lacan pubblicate in Francia dalle più prestigiose editrici scientifiche; il suo saggio “Roland Barthes: corpus et corps” in “Quaderno di Testuale n.4/1987”; la raccolta di poesie “Chronologies-14 textes” in “Testuale 39/2006”; il “Quaderno n.12” di “Testuale 46/2009”, dal titolo “Scritture”.
Nel 2015 per “Le Rinceau, éditeur en Vendée” pubblica la raccolta di poesie in francese “Rue de Rennes”.
Raffaella Di Ambra come ben sanno i nostri lettori, è poeta di lingua francese e italiana. Nata in Italia vive a Parigi. Di lei si può ripetere in breve quanto già si scrisse in passato: la sua scrittura poetica è metafisica… rarefatta… silente… Onirica: perciò un saggio psicanalitico dell’Autrice inizia testualmente “Le rêve est la voie royal dans la découverte de l’inconscient”. Poesia perciò, potremmo aggiungere, come energia risalente dall’inconscio, in stretto contatto con la spazialità delle cose quali archetipi.
Sogno nostalgico e perdita sono i temi che introducono Rue de Rennes:
Rue de Rennes, à l’angle de la rue de Mézières – il faut que je vérifie le numéro par souci de précision – il y a une boulangerie-pàtisserie-viennoiserie. C’est fermé le dimanche e le lundi. Les autres jours de la semaine, dès sept heures, même avant parfois, dès cinque heures je reste réveillée exprès afin de descendre à l’heure qu’il, pour ne pas rater l’ouverture, le mardi matin sortout, à sept heures moins le quart, a sept heures moins une, à sept heures trois j’entre: « Bon jour, deux croissants», il sont au beurre, tendres, chauds, odorants… ; n’en ai jamais d’aussi bons…
… C’est fini avec la rue de Rennes?... Je veux dire est-ce que c’est fini pour moi avec la Rue de Rennes, à l’angle de la rue de Mézières? Des croissants chauds à sept heures
du matin, à sept heures précises, me deux minutes avant sept heures devant la port: ça ouvre. les très charmant pȃtissier ne me sourit jamais… Le pȃtissier ne me sourit jamais…
Quella rue de Rennes alle sette del mattino, la pasticceria chiusa, la via a quell’ora semideserta, rimandano al clima onirico, appunto, uomini che rari si ignorano, di un’opera famosa di Balthus: Les Passages du Commerce. O il Passage Choiseul del giovane Céline in “Morte a credito”. Il sogno nostalgico anche si fa incubo, le iterazioni (tipiche della scrittura di Raffaella Di Ambra) ossessive. Il silenzio domina la notte (il mattino prestissimo) e l’assenza apre, ma sommessamente, diversamente da Céline, senza irritazioni (altro stilema della nostra poetessa), a un dominante senso di solitudine.
La condizione fantasmatica, assente, si ripete per diverse situazioni, in quasi tutti i testi della nostra Autrice, come si può ben vedere dalla poesia che segue:
Le
tèléphon ne répond plus, ne prend plus de messages.
Orange
vous
informe que le numéro
n’est plus attribute.
Depuis
quand? Silence et gouffre.
Depuis
quand le silence, le gouffre? Le
téléphone ne répond plus. Ne prend plus de messages.
Gouffre.
Orange
vous
informe….
Le numèro que vous avez demandé n’est plus attribué. Plus de messages. Gouffre. Orange vous informe…
Gouffre
vale baratro… rovina… Il vuoto di una voragine… Il nulla al di
là del filo.
Certamente:
una seppure contenuta disperazione. La convinzione d’essere ormai
soli.
Un universo svuotato in cui l’uomo rimane solo. In cui l’umanità divisa, estranea, si fa deserto fisico e mentale. Ciò soprattutto in quello spazio di una città, di una grande città, che un tempo viveva di vita tanto felice e affollata pur senza confusione. Parigi non è più Parigi… Un amico ci chiese di cercare un libro in una libreria a suo tempo famosa per la frequentazione di artisti, poeti… Ci fornì nome del passaggio e il numero. Non si poté accontentarlo in quanto non c’era più né libreria, né il numero civico, né la via medesima. Nemmeno il quartiere, nei pressi di Montparnasse, in cui dominava ormai uno squallido, sporco, grattacelo: la Tour Montparnasse. Raffaella di Ambra ci confermò che Parigi, la città dei poetici caffè, dei deliziosi, antichi negozietti, non esisteva più.
Raffaella
Di Ambra sottolinea sempre la sua passione per la Germania, per
Berlino,
Brecht,
per Bayreuth, Wagner…
BERLINER
ENSAMBLE, le théȃtre
de Brecht et de Müller.
Calme
intense du jardin qui est en face, Calme de l’air. La
Spree.
Je marche vers Brecht et Müller.
……
C’était
le dix, janvier ou février? Le souvenir et le présent
immuable
Descrive sovente i suoi viaggi, anch’essi sognanti, precisando, sottolineando certe incertezze di previsione, sui giorni, sugli orari dei treni… Per lei tutto appare sospeso, come in un sogno appunto. Ma dominante comunque è il desiderio, la speranza di poter andare, andare, senza fermarsi, continuare il viaggio, i viaggi… la vita. Nell’incertezza sono tuttavia sempre precisi gli orari, ribaditi, ripetuti: al di là del viaggio possibile, prevedibile, non ancora certo, una lettura attenta divertita dell’orario ferroviario. L’orario ferroviario è infine il racconto onirico di un viaggio:
Paris-Berlin, 10h45 – 21h03
Berlin-Paris, 10h56-20h05
Quand? Quel jour? Quelle année?
Combien de jours a Berlin?
Combien de nuits à regarder le ciel la nuit à la fentre ?
Et encore, ne pas dormir pour regarder le ciel à Berlin.
Pourquoi
ces voyages? Pourquoi à Berlin? Vivre une éternité
pour
continuer à y aller.
J’y
étais le mois dernier. J’irai le mois prochain. J’ouble le
mois,
l’année, les dates de depart et d’arrivée.
Revenir
et repartir; revenir pour povoir repartir à nouveau:
Berlin,
quelle ville, quelle musique! Le meilleur café italien je le bois à
Berlin..
Ma ogni viaggio ha la sua fine. La fine di un viaggio:
Encore
un jour, un nouveau jour; six heures quarante cinq.
Marcher
et rencontrer deux personnes seulement. AIR. VENT.
OUDEUR
DE PAIN CHAUD, et tout ça
fait
un nouveau jour.
Est-ce le dernier?
L’ultimo canto, sommesso, del destino? Forse no, perché nel ricordo il presente è immutabile.
Nella inalterabilità della memoria, viaggiando nel presente del sogno, si è investiti da sensazioni di voluttà:
…… Attente.
Une sensation de volupté. Tendre
volupté. Yeux
veloutés.
Comment oublier
Le
vent
souffle je regarde le ciel je rêve je regarde le vent le
rêve
du
vent du ciel.
Souffle
du vente rêve de vent et de ciel.
Le emozioni, ahinoi, si perdono infine, tuttavia, oltre il tempo del ricordo eterno… Oltre l’eterno? Oltre l’eterno c’è una stanchezza? Emile M.Cioran pensava: «Non trovo la chiave di questo fatto: nella gioia ispirata, imitiamo Dio, e nella tristezza, restiamo con le ceneri della nostra sostanza». Eppure « La prossimità dell’estasi è l’unico criterio per una gerarchia dei valori…». Si tratta di resistere nella prossimità dell’estasi:
Anesthésier les emotions, les sensations, les sentiments, les espoires, les craintes, les illusions, les défaillances pendant quelques jours encore. Tenir jusqu’a ce que tout se réveille, se révèle, que tout soit neuf, frais; et après.
Vuol dire non fermarsi mai? Vuol dire sempre vagabondare da un luogo a un altro, da una idea a un’altra… Da un sogno a un altro… da una realtà a un’altra? Raffaella Di Ambra, fra cento interrogativi, cerca la chiave che pare manchi a Cioran:
L’insituable,
l’incassable, le non repérable. Être nulle part, de nulle part,
dans aucun repère, dans aucune dénomination, dans aucune classe, ni
catégorie. Vagabondage:
est-ce
l’idéal?
Exil
de chaque heure; introuvable à chaque instant: est-ce l’ideal? La
bonheur de n’être
de
nulle
part. Bonheur de naitre? N’être ou naitre?
Essere per rinascere? Rinascere nell’essere?
***
Abbiamo la fortuna, grazie all’Autrice, di poter leggere diversi testi poetici in lingua italiana. Manoscritti, dattiloscritti, solo in buona parte inediti.
Quanto
si è detto per Rue
de Rennes
trova qui altre prove di coerenza: valgono le dismisure oniriche, le
memorie, le perdite e le resurrezioni. Difficile scegliere fra le
scritture offerteci tanto dense, numerose, e ricche di spunti anche
in relazione al fatto che la forma scritturale prosastica
arricchisce, seppur non sempre ritmicamente, i sensi narrativi
(ovunque fantasmatici), le vicende soggettive sovente indefinibili e
velate di misteriche nebbie: sempre testi non da leggere comunque
scorrevolmente, ma da penetrare nel profondo delle loro pulsioni
provenienti, come sé visto già, dall’inconscio.Qualche
esemplare scelto per questa seconda prova critica si distingue dalle
precedenti poesie francesi: il discorso anche formale è decisamente
meno rarefatto. Le ore
là tanto insistite cedono a un tempo
continuo,
dai battiti catenari fortemente compositi e compatti. Sequenze che,
qui, potremmo definire sinfoniche, di contro a quelle ritmiche.
Là
i vuoti grafici sono i silenzi
dei segni
(silenzi della mente), qui il rumore, pur sommesso, appunto del
continuum
(sottofondo
wagneriano… ? lo ipotizziamo per l’Autrice che tanta passione ha
per il maestro tedesco…), si dà quale inarrestabilità del pensare
e del dire:
Come
abdicare, come lasciare il luogo? Non seppellirmi in vane nostalgie.
Velario delle illusioni. Abbandonare. Memorie abbandonate.
Stagno
di parole, le dita serrate, petali di carta le carezze. Di notte
l’albergo nudo ha zampilli di freddo. Il peso della giovinezza
vissuta. Sterili sogni. Una pietra, un sasso, una roccia fresca, un
sasso pieno di mare, un sasso della strada, un ciottolo bagnato di
pioggia su cui bagnare la fronte. Amico il cielo e l’aria, i rami
nitidi al crepuscolo mi vengono incontro. Volo. Non c’è tradimento
nel cielo, nel canto. Verso il sole generoso e festante. Esulto.
Corro. L’amico di sempre mi abbraccia. Luce pienamente.
I vertici di oggi, di ieri. Solitudini intense domani. Dimenticare. Cosa?
L’accumulazione,
l’allusione, l’ambiguità, l’asindeto, l’ellissi sono via via
di massima gli elementi stilistici di questa prosa poetica. I
pensieri, le paure, le memorie si sviluppano, avviluppano, alla
ricerca vana di un soluzione psicologica. Quel Cosa?
potrebbe
valere a Che
fare?
Senza risposta, in quanto la risposta infine non è nemmeno cercata:
dimenticare, abdicare. Oppure,
lo abbiamo visto, anesthésier
les emotions, les sensations, les sentiments, les espoires, les
craintes, les illusions
… Forse
rassegnarsi fuori dal tempo…
… l’estate della vita, volo di un attimo, autunno, immemorate ore, immemorato grigiore senza tempo. Abdicare, è venuto il momento, lasciare il luogo, il ricordo, abdicare. Seppellirmi se tutto è consumato in vane nostalgie. Nascondere le illusioni, nemmeno il velario. Abdicare all’attesa, i colloqui mi circondano, testimoni. Mi accerchiano. Abdicare.
Tuttavia abdicare alla vita non significa abdicare al dolore.
Sebbene si dia pure un aprosdóketon, un inatteso… un temporale improvviso può suggerire un ritrovamento, un ritorno:
Ascoltare
il casto silenzio, la pura attesa. L’ozio mi cova, nemico. Assolta
non uccisa in un’ora, un attimo. Pervasa.
Fuori
dal tempo, le ore del domani sfuggenti. L’azzurro canta come
fuoco, come zampillo scaturito dal corpo, immensa sorgente delle ore.
Improvviso
temporale, la frescura illumina i tetti. Pomeriggio d’agosto. Ore
di faticosa noia. D’improvviso l’orizzonte.
Fiore
perduto camminando, ritrovato, perduto, profumo nella svolta del
vento. Desta alla voce del fiore. Attonita al profumo. Pudica
speranza. Voce. Affanno del mio nulla. Il profumo della voce, fiore
ritorna.
Potremmo
soffermarci su quell’ Affanno
del mio nulla.
Il Nulla
come immagine di un Dio indescrivibile. Il Dio dei mistici. La
mistica come mistero mai definibile. Come in-significato
del cosmo… e della poesia… Come radice prima e nulla
della creazione.
Proprio
la breve coscienza del Nulla
non può che provocare un disperante affanno. Quando si veda in
un’estasi, prigionieri della noia, che il Nulla
cosmico, universale, al di là di ogni (anche felice, momentaneamente
felice) apparenza si scopra incistato in noi. Il nostro Nulla.
Convincerci dolorosamente del nostro Nulla
non significa purtroppo abdicare al dolore. La scomparsa del padre
amatissimo turba fortemente, il poeta al di là di ogni illusoria
speranza:
Pietra.
Padre tante volte. Stanotte il viso sotto la pietra? Bianco viso
padre. La mano forte, t’invoco. Accorri, non vedo l’immagine. Nel
sonno, nel sogno. Pietra silenziosa. Volto. Dove, dove?
Vana
la
luce. Aspettare la presenza. Unico scoglio di luce. Per me sei nulla.
Puerile desiderio, indifferenza inesorabile. Stregata dall’incenso.
Nulla. Soltanto il nome. Luce del mago. Ora…
Voce,
gocce di silenzio, mani, parole, occhi, occhi, anima, piangendo mani
mani ed occhi
Dove
sono le mani belle del padre. Incontrare gli occhi, incontrarti fra
le mani. Dove sei?
Antico
silenzio, antiche voci. Il culmine del colle illimitato, lontano,
verdi limiti,
braccia
generose, meandri di viottoli e lampioni. Di notte le melodie di
magici strumenti mi cullano.
Sequenze esemplari, in cui sogno, memoria, paesaggio, luci e ombre, pietre, realtà, assenza e presenza si intrecciano, si fondono, creano un’unica dismisura sentimentale. Il dolore e la contenuta felicità memoriale donano magiche, malinconiche, inaspettate melodie. Così si rivela la trattenuta angoscia di una vita senza tempo:
Azzurro in un prato ove non cade l’occhio, ove il bianco non rischiara il riposo. Cadono gli occhi per ritrovarti bianco e aperto; la mano per raggiungere il riposo, l’occhio nel chiarore del prato. Non cade la luna, non cade l’occhio. Azzurro assopito in una forza di luce. Irradiano scintille e parole, cristallina goccia di un occhio che cade nel prato. Tenere la mano al chiarore. Mi brucia il raggio, mi raggiunge la tua parola. Raggio. L’occhio cade, aperto di luce il prato. La mano azzurrata mi brucia. Azzurrato riposo.
[Inciso. Diverse sono le articolazioni linguistiche di senso-nonsenso. Per esempio girovagare dei fiori piuttosto che girovagare tra i fiori: l’ambiente, la natura girano intorno all’osservante fermo; è una labirintica (labirintite) sensazione di fuga della mente, un disequilibrio gioioso e insieme confuso e turbato].
Umida grigia la vita senza tempo, estate, girovagare dei fiori gialli delle aiole, per ore mi guardano senza rispondere, fiori, girovagare tra le piante senza tempo, la vita senza tempo, e corsa, l’estate della vita, spazio aperto, tutto emerge, corsa d’estate, senza fiato. Sorpassare il recinto, girovagare, corsa, l’estate della vita, volo di un attimo, autunno, immemorate ore, immemorato grigiore senza tempo…
E ancora, ancora:
Abdicare, è venuto il momento, lasciare il luogo, il ricordo, abdicare. Seppellirmi se tutto è consumato…
Tuttavia, forse, nella nostra memoria di lettori la natura, propriamente nel sogno, sa fornire un soffio di vita… celeste, nella contemplazione.
Possiamo riguardare e ri-dire:
Le
vent
souffle je regarde le ciel je rêve je regarde le vent le ciel rêve
du vent du ciel.
Souffle
du vent rêve de vent et de ciel.