Miguel Muñoz, Atrasgos, Ed.GrilloM, Santiago 1966-1981

Caro Miguel,

grazie della tua… antica e recente raccolta di poesie. Sai che il mio spagnolo è assai povero! Leggo vocabolario alla mano e voglio comunque scrivere di qualche tuo verso (che più mi coinvolge) sperando di non esprimermi in idiozie linguistiche!

Noto comunque innanzitutto con piacere che l’interesse per l’arte e la grafica

è comune ad entrambi, io e te. Hai fatto riprodurre in copertina “Interior en Pertworth” di W.Turner. La stessa immagine elaborata nel particolare e nel colore fa parte della copertina di “Testuale” 56/2015 (la trovi con il fascicolo della rivista nel sito internet www.testualecritica.it). Sul tema “luce e ombra” il caro e grande amico Roberto Sanesi. Aggiungo che per questo

Interior” ha scritto un pregevole saggio sul tema ‘luce e ombra’ il caro e grande amico Roberto Sanesi. E io più volte l’ho citato e commentato soprattutto in “Testuale”.


Leggo Atrasgos come ‘prima del tempo’ e ‘origine’. E noto che tra le pagine

33 e 49 si inserisce un vero e proprio poemetto in XI Canti: Más allà de las islas afortunadas, ‘Oltre le isole beate’ (1975-1980). Inizia con una strofe di ventidue versi liberi:

                Apunto al silencio de nuevo día.
                La paja bajo mi cabeza se ecorge y se agita
                en el fuego parvo
                Las manos en el suelo esperan dar
                el empuje inicial
               En el cielo flotan nubes en pedazos
               desgajados.
Vuela el pájaro y los insectos
suben por mi brazos,
unfrí – calor trascurre por mi cuerpo.
En las montañas los arbustos cubren laderas
se agarran monótonamente en cada pedazo
tierra.
El sol aranca el frío-calor y se pone
Sobre mi cabeza
Los pies rascan el suelo en ir y venir
De arbustos de la montaña
Siento de nuovo la lentitud del sol
y de su lumbre arraiagada en el paisaje,
en cada hoja un espasmo
de la vieja monotonía.
Me levanto de un salto. ……….

Provvedo a parafrasare sperimentalmente in libertà ri-creativa:


            Rivolto al silenzio del nuovo giorno.
            Brucia la mia testa scopre e si àltera
            alla distesa fiamma.
            Mani immerse nella terra chiedono
il vigore creativo dell’inizio
In cielo ondeggiano nubi
disordinatamente.
Sventolano le erbe e gli insetti
sulle mie braccia.
Brìvidano – il calore m’invade.

Arbusti coprono pendii montani
e s’intrecciano monotoni in ogni
angolo di terra.
Il sole rompe il gelo - brucia
il mio capo.
Il piede va viene raschia il suolo
spezza gli arbusti ai pendii.
Ancora l’insistito bruciore del sole
infuoca il fuoco il paesaggio
per ogni vallata aspri spasmi e forre
vecchie secolari ferite

            Mi alzo di scatto


……….


Percorsa incantato la fantasmatica ventura alla ricerca dell’origine vado a mio modo alla conclusione del Canto XI:


……….


            la veta
arista
desde allí la vieja
            muestra un daguerrotipo
            al recién nacido
que estruja su pequeño sexo
            poniéndolo en movimiento



il venato incisivo
stilo
viene dall’antico
incide un dagherrotipo
appena svelato
spreme un piccolo sesso

e lo anima


Questo poemetto come gran parte della tua raccolta mi rimanda a una visione onirica di grande coinvolgimento: per certi aspetti neoplatonica, percerti altri, con scatti improvvisi, a una sorta di surreale espressionismo, qui e là al ricordo anche di certe tue forme grafiche precedenti di visual poetry.

In relazione a questa mia ipotesi (è solo una ipotesi?) mi sovviene di un’opera quattrocentesca famosa (alcuni anni fa uscita in una edizione critica da Adelphi) di Francesco Colonna “Hypnerotomachia Poliphili”. Vi si racconta di una smisurata amorevole ricerca che conduce Polifilo il protagonista a spaziare, nel sogno, i vasti misterici territori dell’anima. Delle prime cose, della luce, del silenzio.

In merito alla mia… ‘traduzione’ non è una traduzione! Ho tentato quella che anche in passato, per la poesia non italiana, indico come ri-creazione nel rispetto appunto non tanto della forma letterale quanto del senso più o meno occulto e del clima generale suggerito dal testo.

Questa lettera, come vedi, è pubblicata pubblicata (in cartaceo e in web) nella rubrica “Letterale” di questo n.59/2017 di Testuale. Al di là dei tuoi e miei interessi poetici dovrebbe servire in sostanza, anche come vedi con qualche esempio, ai lettori della rivista. Ma la plaquette non si trova nelle librerie italiane perciò indicherei a quei lettori che volessero saperne di più gli indirizzi dell’Editore e tuo:


Ediciones GrilloM, Satiago de Chile, 2016
e-mail: ediciones.grillom@gmail.com
e-mail:
michele_munoz@hotmail.com


Gio Ferri


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Risposta a Gio Ferri.

…… Ho letto il pregevole saggio di Roberto Sanesi in “Testuale” 56/2015 E ho l’immagine “Interior en Pertworth” per la copertina di “Atrasgos”. Anche l’anno scorso ho visto il film “Mr.Turner” del 2014 diretto da Mike Leigh con l’eccellente attore Timolthy Spall nella parte appunto di Turner.

La tua lettura di “Atrasgos” come ‘Prima del tempo” e “Origine” è molto forte e interessante. Come parola – non esiste in spagnolo – è formata da ‘A’ con il plurale di ‘Trasgo’. ‘A’ come preposizione ma anche come prefisso che indica negazione o privazione (come in italiano). ‘Trasgos’ vuol dire ‘duende’ (spirito fantastico) – fantasma, folletto in italiano.

Islas afortunadas’: dalla seconda parte di “Così parlò Zaratustra” di Nietzshe In traduzione spagnola. ‘Sulle isole beate’ nella traduzione italiana. Il “Zaratustra” e alcuni testi biblici e la poesia latina sono fondamentali nella stesura di Más allá de las islas afortunadas di “Atrasgos”. Vedi anche la parte “Excursus (…)” di Lector et Lux in Fabula pubblicato in Testuale”. Allora su questa parola ‘Atrasgos’… il lettore saprà dire… Nel “Ensayo de autocritica” scritto da Nietzsche per “La nascita della tragedia”, Zaratustra viene chiamato trago dionisiaco. Sempre in spagnolo… In tedesco jenes dionysischen Unholsds (Unhold: spirito maligno, orso, orco…). In italiano stregone dionisiaco.

Sono d’accordo sulla tua interpretazione ‘neoplatonica’ ma anche ‘surreale’ del poemetto che hai estrapolato dalla raccolta. Finora non conoscevo “Hypnerotomachia Poliphili” di Francesco Colonna. Ma ora scopro che qust’opera era conosciuta da Rabelais, Cervantes, Shakespeare, etc. O forse si tratta anche di una struttura nascosta, occulta… hidden structure, un forte processo di citazione.

Infine devo dirti che mi è piaciuta la tua traduzione/ricreazione. Il finale del Canto XI è formidabile…!


Miguel Muñoz