Andrea
Rompianesi
“Quote
di non proletariato”
Scrittura
Creativa Edizioni, Faenza 2017
Caro Rompianesi,
molte volte in diversi anni ho avuto l’occasione di apprezzare la tua presenza poetica e insieme filosofica. Questa ultima plaquette di cui ti ringrazio, ricambiando la stima che esprimi nella dedica, viene a proposito per questo numero di “Testuale” in cui trattiamo della scrittura poetica dalla pura astrazione di contro alla scrittura filosofica e della prassi.
Ovviamente, almeno per quanto mi riguarda, forse per colpa della mia… tarda età, vorrei accantonare tante battaglie ideologiche che mi paiono oggi, purtroppo, scadute in un manierismo – relativo al tuo e al mio poiéin, il fare delle nostre passioni – sovente, anzi quasi sempre, non è certo rivoluzionario, come qualcuno ancora si illude (chi?), ne tanto meno poetico. Voglio dire che, per quanto sia eterna nella sua essenza, nel suo costante principio e senza fine appunto, non è più la scrittura che tu citi di Sereni, Fortini, Pagliarani, Olivieri e, aggiungerei Sanguineti: certo si tratta di punti fermi per le nostre esistenze ma irripetibili, ormai silenti – aggettivo che tuttavia in tanta svalutazione, non svaluta le nostre letture.
Ecco allora questo tuo ultimo lavoro che, cosa assai rara, altrove concilia in modi diversi, ma in altri non sempre pregnanti, il valore assoluto della scrittura poetica con il pensiero prammatico, e filosofico. Storico e attento alla miseria nemmeno storicizzabile del nostro tempo.
Il merito maggiore ovviamente va riconosciuto alla qualità formale dei tuoi testi che si impongono grazie agli asintattismi sovente criptici, neologismi, insistiti enjambement perciò prodromi di un rinnovato senso di libertà. Libertà che esalta la visione di uno spazio entro cui valgono appunto i silenzi purissimi. Forse l’avventura della visual poetry non è estranea a questa invenzione tipografica. Perciò non solo tipografica, bensì materica. Sottolineo per i lettori di “Testuale” alcuni testi esemplari:
senti
che ancora si alza la voce
a
fare borghese inguaribile e decadente
lo
sguardo rapido ramingo e gaio
di
chi rimira il corpo debitamente
di
lavoro non dice l’abbruttimento lo
spiffero
scempio del canale produce un
colonialismo
subìto di lingua e cultura
assorbimento
svenduto in marketing noi
bravi
a fare meno a organizzare secondo
sentenza
di economisti o morali gli
acquisti
ma come il contendere imponga
uno
stato meglio com’era nella lunga onda
dove
merce di scambio congiunga il baratto
ben
altra è la smania o immediato possesso
di
volta in corpore vili taumaturgica data
che
a dispetto o segnale riavvolge l’intesa
in
avito profitto netto inutile addiaccio
…
storia
consociativa di sinistra e grande industria…
…
per acquisire
generi di prima necessità…
… a norma caldaia contratto dato e locato…
…manovra economica…
Così ribadiscono gli ultimi tuoi versi in cui la parola contratto è diventata oggi di moda per un presunto rinnovamento anche politico (scrivo nel luglio del 2018).
Anche il Contratto Sociale illuminista non illumina alcunché
(Gio Ferri)