Luciano
Troisio
“Tante
facelle”
Prefazione
di Gio Ferri
Edizione
Coop. Libraria Editrice Università di Padova, 2017
Caro Troisio,
nello sfogliare in profondità questa raccolta è impossibile non fare il punto – per te e per i nostri lettori – sull’ultimo ventennio testuale e critico della tua complessa scrittura poetica e no. Impossibile in quanto è al di là di ogni viaggio, di ogni partenza, di ogni arrivo tu spazi nell’universo intero. L’universo della parola, del fiat. Tutti sanno che sei un instancabile viaggiatore rapito, forse come i poeti simbolisti dell’Ottocento, dalla fascinazione dell’Oriente estremo. Oltre comunque ogni confine conoscibile, ogni confine artificiosamente segnato sulle mappe. La tua presenza, in questa avventura, si manifesta come stella fissa: il tuo diario di bordo e anche, non riporta infine esperienze nautiche o prammatiche misure stellari, bensì solamente scoperte dell’immaginazione, non fra terra e terra ma fra segno e segno, fra parola e parola appunto – lì dove domina il silenzio, il nulla dal quale nasce poesia e anche, perché no, misticismo nel senso originario di coinvolgente di coinvolgente visione del mistero. I tuoi viaggi, superate nella lettura le facili (ma non troppo)descrizioni narrative o in qualche modo talvolta moralistiche o filosofiche, anche politiche, sprofondano sempre nell’abisso interiore di una magia, per esempio di Poe. O di Ulisse, anche dell’Ulisse di Joyce: affacciati alle Colonne d’Ercole, ma non oltre, entro i dedali (il “Delalus” della traduzione di Pavese) senza uscita di Dublino, Tanto lontani, tanto (in)tangibili. Di queste facelle potremmo dire come di vaghe stelle dell’Orsa.
C’è comunque una sottile novità, quindi, in questi tuoi testi, rispetto a quanto rivelato dalle conoscenze critiche che hanno sottolineato fino ad oggi la tua scrittura. Il momento chiave di questa nuova esperienza è quasi esclusivamente La Bellezza. Vale a dire quell’esperienza che sfugge a ogni definizione.
Ma ne diremo più avanti, in quanto non si può escludere (forse impotetico, forse) il coinvolgimento di questa scrittura nel contesto delle norme retorico-stilistiche assegnate alla poesia, e ancora riferibili alla storia, di un’epoca o tout court. Storico prammatiche e storico letterarie.
Se ricordi già ci siamo intrattenuti (G.Ferri, “Testuale”, n.50/2012) in merito alla tua produzione poetica, di contro alle tue ricerche narrative: “Alla poesia… e superfluo ripeterlo, si riconosce la complessa disposizione ritmica, dalla selezione
e combinazione delle parole in una sequenza dominata dal principio di equivalenza, dallo stesso rapporto semantico e fonetico dei segni… Nella concretezza dei segni sono comunque evidenziabili le consistenti irregolarità dei versi che sovente vivono come oggetti figurali autonomi, grazie a numerosi enjambement e paratassi… Per usare una terminologia musicale, sequenze decisamente atonali e criptiche. Con qualche piacevole ma rara sintesi armonica, rime, false rime o allitterazioni, isotopie…” (Jakobson):
Il
vero segreto non solo ’non è scritto’
ma
non viene mai rivelato
sparisce
con noi dopo averci macerato
Così
si perdettero tesori, scoperte auree
tecniche
ascose, rotte diritte (che invece
procedevano
a spirali di Fibonacci)
Quanto
ponzare stesi oziare scrutando il mare
Ombreggiati
al vento privo di senso
……
Le mie fanciulle
……
A
scultura finita la divina modella mi sbeffeggia
non
è
quella
ritratta (la nuda signora scritta)
e
nemmeno l’originale
Qualcosa mi trasporta.
Atroce
condanna non riconoscere
non
accontentare le proprie fanciulle
mentre
l’originale preraffaellita
solecchia
dal vicino alloro
……
Franca Bentivoglio (in “La Battana” 134,1999) inserisce per altro la tua poesia nel contesto storico-letterario dell’Ultimo Novecento: “… L’autore ha comunque chiarito in varie occasioni di non aver nulla in comune colla confluita ‘armata freak’, derisa per essere cliente strizzacervelli o il alternativa, per dedicarsi vestita di stracci, corredata di orecchino e codino ormai grigio, a vacche sacre, spinelli e import-export, nel settore del cotonato esotico. Generazione sfortunata per altro coraggiosa, resistente e invidiata dagli ‘integrati’ soprattutto per la deliziosa gestione del tempo libero (specie da parte dei jobless), il cui limite consisterebbe però nell’acquisire valore soltanto in opposizione a un tempo apoliticamente ritmato, senza intervalli ricreativi e con deprimenti prevedibili sbocchi…”.
Nello stesso numero de “La Battana” tu pubblichi quello che potremmo definire poemetto, in 53 canti dal comune titolo Prove di diluizione, titolo che in sostanza conferma in buona parte la disposizione poetico-critica richiamata da Franca Bentivoglio, la decadenza di un’epoca ancorché relativamente recente:
2
Quanti
hanno scritto versacci
mediocri
e autentici
ballando
nell’aia trescone e liscio
baciando
nonostante l’lito di aringhe
……
3
…
quelle rare volte
che uno dei nostri
tira
fuori la testa dal liquame
il
respiro dopo tanta apnea è europeo
pure
all’estero si è fatta notare
la
siepe che cela l’orizzonte
per
cui l’ufficio perfino nel Far East
l’anno
inserita nella collana mondiale
Oceanus
Poeticae ‘deliziosi minori’.
23
Hanno
brigando estorto qualche
premiuccio
nelle province aborigene
mangiato
a mense celebri autonome
a
carico di migliaia di assessori;
Angst
tacitata con donativi, gettoni
e
dinne: hai tu avuto
ristretti
gli orifizi
curando
fin da giovane
la
traduzione svedese?
……
Nel 1984 hai pubblicato la raccolta Persistenza del cavallino (L’arzanà, trimestrale di poesia, Torino). Credo che in quei testi si potessero notare vive eppur metafisiche testimonianze dei tuoi dei tuoi viaggi orientali:
Cronofazio
Emergenza
gea diversa, ghiacci fondevano
Impetuosi
nelle cavità.
Piante
sopravissute
pallide
nella longiniqua
……
Alberto Cappi prefatore della palquette coglieva l’irragione ultima e prima dell’essere poesia, della tua scrittura poetica: “… Proprio qui, dalla soglia, il testo di Troisio ci invita… Qualcosa lascia nell’indicibilità, sfugge e non trova destinazione o destino… e lo scatto, la fuga, dove conducono?... Nello snodarsi discorsivo l’esordio marca il tronamento, l’interruzione, sorta d’apocope e quasi pausa allusiva tra ascolto e parola… L’incompiutezza stessa è una traccia…”.
La postfazione e di un altro grande analista dei princìpi del discorso poetico, Raffaele Perrotta: “… E oltre il nome, by logos, lo s-sguardo è la guardia – del corpo, del corpus del testo… D’un viaggio che porta sempre più in là… ‘dall’oblò’… Scrittura del Mondo?... La lettura del Mondo è una parafrasi. La vita acceca l’accesso alla vista… Epigoni millenari, per l’oscurità del principio…Più non vi leggemmo avante…”.
* * *
Tutto ciò quanto si è detto, pur anche nel racconto, annebbia l’icasticità per dar valore all’astrazione. In Tante facelle, raccolta di testi in cui all’astrazione è data sovente una dismisura amorevole, La Bellezza:
…
mentre costruisce
il panorama
e
le figure si creano per incanto da sole
e
i fiori e le ninfe si collocano in sede
ecco
urgono altre allettanti quinte
prepotenti
invadono
occupano il territorio segnato
con
sorrisi altrettanto seducenti…
…
Un’ineffabile
Bellezza
mascherata
nuda
ammaliante
si propone.
Cento
trappole prima di cedere…
…
che ci siamo
accontentati di nulla,
abbiamo
affrontato fatiche disagi
pur
di conoscere la bellezza!
(Perché
Mondo,
significa Bellezza,…)
Avatar
incarnazione della divina bellezza
Che
la poni in quel gheriglio
In
quell’infimo germoglietto piegato.
Tu
bellezza che non conosci te stessa …
Anche là dove la Bellezza non è esplicitamente nominata la si può ascoltare richiamata dalle storie di viaggio, dagli incontri, dalle letture, dalle considerazioni sui dolori dell’umanità, dalle ricchissime nullità dei monaci buddisti, dalle speranze della poesia, nella parola, nel tempo danzante delle fanciulle, nella loro felicità di vita… nella morte… Ma la Bellezza come astrazione, la Bellezza che va ben oltre la citazione, segna tutta la presenza della tua scrittura, questa la più recente. Non mancano per l’appunto visioni anche pessimistiche, ma su tutte aleggia una idea esclusiva di Bellezza che infine è la ragione della tua coinvolgente scrittura.
Una Bellezza, potremmo aggiungere, totalizzante, cosmologica. Ma il Cosmo nella sua infinitezza non tangibile, esiste solamente in quanto le sue Costellazioni sono riconosciute da un Osservatore. Come dire che la poesia, Parola astratta, vive solamente quando abbia un Lettore.
Il testo che dà il titolo alla raccolta, Tante facelle, lo dichiara esplicitamente:
La
Costellazione non prescinde dall’Osservcatore.
Appena
nato il primo Osservatore
ecco
miracolose formarsi
tutte
le carte nautiche celesti….
In quanto alla Parola in Lettera a Dio si sottolinea che non può non esserci il fuori… lì il fuori… l’Altro, l’Altrove. Il buco nero? Tuttavia Tutto (può) essere (soltanto) sulla Parola. Seppure “Quando dico Dio non so quel che dico…”.
Non so quel che dico: assente a me stesso? In Il canto ignoto de li innamorati, si cita Gemma di Saffo:
… “
eccettuata la tua
assenza non mi resta nulla”.
Rapinosa
Beltà ci tocca tutti
Dona
a tutti la sua profondità.
Solo
giganti potrebbero recarla,
comunicar
tradizione e mimo:
Allen,
Chaplin, Luchino, Federico,
Dante,
Francesco, sodali delli Iddi tutti.
(Andrea,
che buonamente
novellando
dice al Mondo:
sii!).
Andrea, come tutti ovviamente capiscono, è Zanzotto, Amico e Maestro, sodale anch’esso degli Idiii! Meglio non si poteva dire per ricordarlo! L’invito a essere è la nostra speranza quando oltre la poesia non ci resta null’altro.
“Verbale di tramonto”, ultimo testo. Coerente con questo titolo, oltre l’amorevole visione di un naturale tramonto su Shanghai, è la metafora di un personale testamento del poeta per la sua poesia, o per la poesia tout court:
… e
per tutti gli infiniti ammiccamenti e usi
dell’illecita
poesia fuori tempo
depressamente
in carta libera
mente
la presente si rilascia
Fine.
Il rapporto tra il vissuto e il desiderio cosmologico di Bellezza può richiamare un detto di René Char: “Conviene che la poesia sia inseparabile dal prevedibile, purché il prevedibile non sia ancora formulato… Il poema è l’amore realizzato del desiderio rimasto desiderio”. C’è forse oggi una agonia della forma, agonia alla quale la concretezza.astratta (ossimoro squisitamente poetico) della tua scrittura sa opporsi beneficiandoci di una di una illusione informulabile e perciò, per dirla appunto con Char, di un desiderio insostituibile, e in-formato, quanto tuttavia irreversibile.
* * *
Lo sappiamo, caro Troisio: sei innanzitutto un narratore, essenzialmente un viaggiatore, sebbene, in realtà, lo abbiamo visto, un poeta anche quando sai coinvolgerci in un universo di racconti. Tu stesso in un esergo ai tuoi libri affermi che il cosmo è un labirinto poetico. Ricordiamo che la tua più recente raccolta di storie orientali (appunti balinesi) si intitola Gli Dei scendevano tutt’intorno raccoglie appunti di viaggio, ma, come abbiamo visto, non è tanto un giornale di bordo quanto raccolta interminabile di emozioni (ancora poetiche, ovviamente). In questo senso tra prefazioni e postfazioni in quel volume ti introducono con pregevoli notazioni critiche Adone Brandalise, Silvana Baroni, Agostino Contò. Di quella raccolta molte cose potrebbero dirsi qui: ma il discorsi è complesso e va rinviato a un’altra occasione. Riportiamo un solo passo particolarmente pregnante:
[
Fisionomie disperse che voglio affiorare dall’inconscio
volti
intravisti che mi hanno segnato
donne
felliniane non doppiate che chiedevano chi sei?
Forza
buona potente Karma
fascino
balinese sconosciuto e antico
e
mi dicono vieni
mi ripetono vieni ] (G.F.)