Luigi Cannillo

Seeds di Adam Vaccaro, Selected Poems 1978-2006
Selected, Edited, Translated and Introduced by Sean Mark, Chelsea Editions, New York, 2014


Adam Vaccaro svolge da decenni attività culturale e letteraria non solo nello specifico ambito della scrittura poetica ma anche in quello della critica e della progettazione e organizzazione di eventi. Così, accanto e insieme alle diverse raccolte di poesia è rilevante la sua opera critica, per la quale, oltre ai numerosi interventi su riviste cartacee e in rete, è da ricordare il suo Ricerche e forme di adiacenza, Asefi, Milano, 2001. Infine, ma non da ultima, è indispensabile ricordare la sua attività di fondatore e organizzatore dell'associazione culturale Milanocosa. Si tratta quindi di una presenza a tutto tondo, che mette in primo piano lo sviluppo di un pensiero vigile e critico nei confronti del contesto sociale e politico nel dialogo tra diversi linguaggi espressivi.


Questo intreccio di attività diverse ha occasione di venire alla luce anche nel criterio di antologizzazione dei suoi testi poetici, come già avvenuto in La piuma e l'artiglio, Editoria & Spettacolo, Napoli, 2006, e ora in Seeds. La raccolta dei testi non è mai scontata, non si basa sulla successione cronologica delle diverse opere di provenienza delle poesie, su un criterio esclusivamente letterario, né sulla separazione tra poesia già pubblicate e inedite, ma diventa una struttura autonoma e originale, basata sullo sviluppo di un'ipotesi critica specifica che alterna editi e inediti: «Che sia questo un piccolo graal/ simile a un seme che può forse/ aprirsi e vendicarsi della morte/ [...]». Spetta soprattutto al lettore scoprire consonanze e percorsi all'interno dell'antologia.


Il titolo Seeds è ricco di significati e di suggestioni: il termine, in senso strettamente botanico, si riferisce alla fecondazione e alla disseminazione successiva. E a questo sembra alludere la copertina del volume con l'immagine di una raffinata opera di Donatella Bianchi. Ma il termine ha anche un significato in campo biologico e riguarda la sessualità maschile, il liquido seminale, legato anche alla fecondazione. E ancora: in campo semantico un sema, un segno, è la più piccola unità di significato, il tratto semantico. Queste diverse accezioni irradiano le due assi portanti dell'antologia e dei testi che la compongono: quella della Vita e quella del Senso. Il seme diventa quindi anche una metafora della Poesia come attività, atto creativo, germogliante nell'elemento terra o trasmesso con il vento, a riunire nella concretezza realistica o nello slancio lirico una concezione ricca e complessa del fare poetico. Sono questi gli elementi che si ritrovano in Seeds, nella tensione che parte dalla vita e vi si riconduce, la relazione come elemento essenziale di tale processo, la riflessione e il linguaggio: «Dunque tu mi dici che il mondo non finisce qui/ che questo è solo un confine/ e non una fine/ Dammi allora una mano a seguire questo filo/ che mi si perde tra le mani/ dammi ancora una mano che non mi/ faccia perdere tra le tue mani».


Le due parti in cui si divide la raccolta si articolano su diversi stati d'animo e atmosfere, nascono anche in riferimento a momenti storici e autobiografici diversi, ma si riconducono alla concezione originaria: la formazione, la coscienza, la complessità delle relazioni umane e sociali.

La prima parte esordisce con i “biancoscuri antefatti” l'origine e la memoria, i luoghi della nascita, dell'infanzia e della fanciullezza dell'autore in Molise in una società arcaica contadina e artigiana, con le chiusure e gli stupori primordiali, ma senza indulgere a nostalgia o ripiegamento. Qui sono presenti poesie improntate da forte realismo, calate nella vita e nella fatica quotidiana, fino all'espressionismo di immagini crude ed evocative, insieme a slanci lirici che già ispirano quel mondo e lo mettono in relazione con la poesia e il metafisico: «Filari inondati di sole e vespe/ al tempo che sapeva nel ciclo/ aprire parentesi di acini persi// nelle crepe secche della terra/ arresa a orde e fanti e denti duri/ che strenui mordevano gocce// di sudore da ciglia a picco su/ nasi e lingue tra riflessi d'oro/ accecanti e ansimi di formiche// affannate che poi calando i canti/ i canti della sera cercavano sempre/ l'attimo di oblio – il chicco più dolce// * // e riemerse così nel sogno la pace/ del nonno che facendo – mondo/ chino – cure al suo orto faceva/ in quel modo rifiorire l'attesa/ il progetto, la gioia». Ricorrente, e in contrasto con gli slanci, l'aggettivo “muto” che si riferisce ai luoghi, alla terra ancora senza voce, arroccati nella asprezza del quotidiano. Successivamente, con i ”Canti degli impossibili ritorni”, insorge una forma di coscienza delegittimante, un impulso ad andare, il rapporto problematico e contrastato tra Ulisse e Nefros (la natia Bonefro). Tra origine e desiderio di esperienza inizia un viaggio inteso non solo come spostamento geografico ma impulso verso una nuovo atteggiamento più critico, un'identità più articolata: «si trascinava ulisse tante cose/ povere cose – orgogliose/ inaridite e dense di vita -/ facce e case onde sonore profumi/ che sognava sempre di lasciare per sempre/ e ritrovava poi in angoli inventati/ di pensieri e ricordi di ombre col loro/ presente passato.// [...] ».

Nella seconda parte si compie il viaggio, Odissea o Commedia, nel quale nell'orizzonte consueto si spalanca, insieme a un nuovo scenario, non tanto l'auspicato Paradiso, quanto “l'aperto inferno”, il tentativo di interpretare il caos delle tensioni e delle contraddizioni, le sconfitte, gli impossibili ritorni. Sono le conseguenze dell'erranza, della ricerca di Senso, il viaggio al quale Ulisse è chiamato. Il mito si fa interpretazione della contemporaneità, degli aspetti della convivenza metropolitana e dei suoi luoghi: «Milano infila tunnel del metrò/ per rincorse di istanti veloci/ che sommati fanno un niente// per farne montagne di macerie/ tra sogni di un perduto verde e/ incanti di incontri che a settembre// fumavano salsicce e bandiere rosse/ parentesi in attesa di ragazzi bravi/ a fare il gioco delle coppie con siringa// Milano ora sfila sogni disfatti su uno spiedo/ sapiente che cucina mucchi di denari/ ricchezze povere di dolori e pensieri// Milano infila eppure ancora cortili uno dentro l'altro/ che ritrovano in fondo – ancora visibile – il tempo». In questa sezione, che riguarda esperienze di un'età più matura, si sviluppano gli aspetti più riflessivi della poesia di Vaccaro, allargandosi a tematiche di coscienza storica, sociale e civile: la resistenza, l'emigrazione, la prostituzione, talvolta con finali aperti che sollecitano anche il lettore a prendere posizione a riguardo. Come ad esempio nell'ultima sezione “Nilo Maggiore e minore”, nella quale l'incontro si sposta verso nuove culture, religioni, mitologie, o la poesia affronta tragedie naturali e politiche, dallo tsunami all'Olocausto ai combattimenti nella striscia di Gaza. Così ai fenomeni del primo dopoguerra e del boom economico si aggiungono quelli dell'economia del neoliberismo: «Tu ragazzo dagli occhi sfolgoranti/ a fare il sciuscià tra smorfie e canti/ nella polvere del mercato di Menfi/ e noi turisti disfatti a bere incantati// il tuo ludente grumo di energia/ in filastrocche incomprensibili/ sulla pelle battenti più del sole/ chi canterà nefertiti mia Afrodite// la rosa della tua carne esplosa/ nella risata liberata da un bisturi/ di gioia – intelligenza che apre// deridendo questa pancia di carne/ in scatola occidentale così colma/ di detriti ruggine e deserti».

Per quanto riguarda le scelte espressive e formali, nella prima parte i testi sono spesso ritmati dalla scansione delle strofe e slanciati nel flusso di elementi anche narrativi o descrittivi di luoghi, attività, personaggi. Nella seconda parte si sviluppa una accresciuta varietà compositiva e grafica e testi di struttura più complessa – anche nella misura del poemetto. Comuni alle due sezioni sono il rapporto tra sospensione e accumulo nel flusso ininterrotto della unità frase (come si è visto dalle citazioni precedenti) con una linearità – quasi senza punteggiatura – accentuata dagli enjambement in successione. Dal punto di vista lessicale si alternano tecniche di costruzione e decostruzione tipiche della tradizione delle avanguardie poetiche del novecento: sovrapposizioni semantiche, cambi di iniziale o di vocale (voglie/foglie, bottoni/bottini), forme parzialmente anagrammatiche (parentesi/persi), allitterazioni (cantando canti, canta/cauta, Ururi/urlante) anche con sottrazioni di consonanti (mondo/modo), consonanze (fanti/denti, modello/midollo, Mito/Meta), composizioni (biancoscuri, mutourlante) scomposizioni (domani/mani, co(s)mico) anche con a capo in moltiplicazioni di senso (abban-donati, pomi-doro, lon-tane), rime anticonvenzionali, anche interne o consecutive (cose/orgogliose, orse/bolse, speciale/totale, selle/pedivelle, gobbata/schioppata/ dimenticata, drago di lago) o alle particolarità che riguardano regionalismi o neologismi (brachessine, tumtava, bonzigonzi, arrampare) per arrivare alla assonanza negli ultimi versi: Quel Quid: «[...] Quel/ Quid che non torna rimarrà un esule introvabile/ a consolazione dell'infimo e dell'immenso»

La caratteristica bilingue del volume, che come gli altri di questa prestigiosa collana delle Chelsea Editions affianca alla lingua italiana la versione in inglese, è da intendersi non solo come un servizio o una opportunità di lettura all'estero ma


come un vero e proprio arricchimento di senso, dato il contributo critico-interpretativo offerto dal traduttore Sean Mark, che ha redatto anche una estesa e approfondita nota introduttiva. Mark osserva acutamente: «In Semi Vaccaro combina sulla tavolozza poetica alcuni topoi della mitologia classica con la tradizione poetica vernacolare, mantenendo così un sostrato dialettale e un andamento musicale. Canta con grazia e umiltà e ci illumina e smuove; la dichiarazione sommessa dell'attaccamento ad una terra impoverita diventa appello al dissenso, una denuncia dei plurimi soprusi che essa ha subito.” Oppure: «Riconoscendo le importanti lezioni ricevute dalla Neoavanguardia italiana, Vaccaro ne evita gli eccessi, mantenendo sempre forte l'accento sulla funzione civile e critica del medium poetico.»

Ed è questo medium poetico a fondare la creazione dei testi nel tempo, a tessere trame e collegamenti come energia di vita in atto nel linguaggio a ricercare caparbiamente, contro ogni contingenza e contrarietà, il Senso. Ed è per questo medium che il seme può diventare raccolto e ricerchiamo nella poesia, se non una verità assoluta, almeno una ipotesi di risposta, come ritroviamo sinteticamente in questi versi di Vaccaro: «Il succo di questo nostro esistere/ che tenta a volte slabbrato/ il salto sgangherato e fulgido/ di tradurre tutto/ il suo dritto e il suo rovescio/ in parole dal sapore/ di zucchero e sale/ completamente dentro e/ completamente fuori – così/ dolce da stordirci e/ salato da spaccare le labbra/ nel vento del deserto/ che spinge senza tregua/ a proseguire».