Florinda Fusco

Per uno studio comparato: tracce del Finnegans Wake
e del
Livre in Itto Itto

In questi ultimi anni ho svolto un lavoro critico-filologico sull’opera di Cacciatore. Tra gli autografi, che ho avuto la possibilità di studiare, ho trovato una mole notevole di documentazione della sua ultima opera, Itto Itto, del ’94. E avendo riscontrato una metodologia di scrittura singolare, ho voluto soffermarmi, adottando nello studio una prospettiva di critique génétique e pertanto analizzando il testo come processus, organismo in crescita, coagulo di dinamicità, considerando pertanto anche le redazioni definitive come stadi provvisori di una scrittura in fieri.
Itto itto sembra nascere da un interrogativo: è possibile riprodurre linguisticamente il movimento inarrestabile dell’universo? Si potrebbe dire, forse, che Cacciatore, in questo lavoro, sembra volersi consegnare all’impossibile operazione di nominare l’Alterazione del tutto, ovvero la costante trasformazione dell’Energia cosmica, attraverso suoni e catene ritmiche e lessicali. Se nei testi precedenti permangono certe barriere strutturali – nell’autoimposizione di una determinata articolazione metricoprosodica, nell’adeguamento all’ortodossia dei generi, nell’utilizzo di lessemi appartenenti alla lingua codificata: in Itto Itto tutto diviene materia alterabile. E la scrittura non è solo rappresentazione dell’Alterazione del cosmo, è essa stessa atto alterativo della lingua, con lo stesso peso ontologico dell’Alterazione del tutto di cui fa parte. In questo senso, utilizzando una terminologia wittgensteiniana, per Cacciatore, fatto (ossia Alterazione) e proposizione linguistica, coincidono. Sulle orme del Finnegans Wake, definito da Cacciatore “il libro più catastroficamente sperimentatore e sperimentale” della nostra epoca, Cacciatore intende creare un sistema linguistico autonomo, costruito attraverso nuove possibilità e regole combinatorie, mostrando la possibilità della lingua di alterarsi (anche in senso saussurriano).
La lingua di Itto itto sviluppa un sistema di alterazione e distorsione verbale, in cui l’autore intende superare le regole della grammatica e della sintassi perché troppo paralizzanti, creando simmetrie, scambi, intrecci, addizioni tra lessemi e proposizioni, convertendo la lingua in un tessuto molecolare di infinite possibili combinazioni e aggregazioni. È ciò che potrebbe essere definita una fenomenologia della lingua come metamorfosi e compositio illimitata.
La lingua si compone attraverso una trasposizione di parole o lettere, neologismi (derivazioni o fusioni di lessemi), termini desueti o arcaici. La sintassi è il principale luogo di stravolgimento: l’autore mantiene l’impalcatura logica della frase che finisce per essere un mero involucro di sostegno, minata da costanti ellissi, apposizioni, inversioni, sospensioni, consecutio inconsuete, catene verbali stravolte, argomentazioni che non arrivano a conclusione, periodi lunghi che ritornano su se stessi, dando vita a veri e propri labirinti verbali.
Il piano logico-sintattico si scopre essere completamente subordinato a quello ritmico-sonoro: il vero principio organizzatore del testo è il ritmo, un ritmo basato sui timbri, vocalici e consonantici, un ritmo timbrico. Unità base di Itto itto è: il timbro ritmato. Si tratta di una ritmicità basata sulle ripetizioni e differenze sonore e che trasforma la lingua in un cantato. Una variegatissima orchestrazione ritmica con (usando una terminologia di Macrì) la presenza di zone forti, ossia zone di concentrazione ritmica e semantica. Si assiste dunque all’esplosione del piano tetico, e dell’organizzazione simbolica del discorso a favore del piano semiotico e più precisamente del dispositivo fonico ritmico, che pone il testo (i differenziali significanti divengono ‘gesti vocali’ o ‘schiocchi’; la lingua si fa flusso pulsionale), per usare un’espressione della Kristeva, sulla soglia del linguaggio, in uno stadio prelinguistico o postlinguistico. Il Finnegans è per Cacciatore l’opera in cui l’operazione di smembramento- formazione linguistica non è mai fine a se stessa, ma è carica di consapevolezza storico-politica, e viene a coincidere con ciò che l’autore definisce un’Esperienza totale dal punto di vista conoscitivo. In Itto itto l’autore ambisce a questa doppia direzione, ossia a quella storico-politica e a quella più ampiamente conoscitiva. Le tensioni socio-politiche cacciatoriane esplicite nel testo “Tutti i poteri” attraversano tutto il suo lavoro in una costante vigile opposizione al sistema capitalistico-borghese.
A proposito di questo ho trovato tra gli autografi un interessante saggio inedito intitolato “Il miracolo economico” che esplicita il rapporto di critica e di sfiducia verso il sistema capitalistico. In Itto itto, dove tutte le tensioni si concentrano sulla lingua, anche la tensione storico-politica confluisce nella dimensione linguistica. La capacità di rinnovare il linguaggio è in sé un atto d’insubordinazione nei confronti di un sistema che tende a depotenziare e a neutralizzare i segni, ed è quindi proprio ciò che il sistema di produzione rimuove. L’elaborazione di una lingua è in sé un processo che eccede le strutture comunicative note e controllate, è oltrepassamento degli idioletti che corrispondono alle diverse tipologie socio-economiche in cui è stratificato il linguaggio borghese, ed è quindi oltrepassamento attraverso un tessuto linguistico non identificabile e non riconoscibile.
Su un piano più ampiamente gnoseologico, lo scavo linguistico per Cacciatore deve coincidere esattamente con un lavoro di scavo conoscitivo, e per far questo, deve proiettare ciò che è essenziale dell’Esperienza del mondo, ossia l’Alterazione, come fenomeno imperante su tutti i piani della realtà e della conoscenza, da quello corporeo a quello storico a quello astrofisico a quello della fisica delle particelle a quello tecnologico: l’Alterazione come fenomeno di fluttuazione costante, trasmutazione, inesistenza di un finale reciso nel tempo e nello spazio, dissoluzione di forme di vita in altre forme di vita.
La tensione a cogliere e a inglobare il movimento del Tutto coincide in Itto itto con una tensione verso il Libro totale. Quest’affermazione prende le mosse dall’ipotesi che, oltre il Finnegans, opera che ha influito per lo più sul piano della formazione della lingua, per Itto Itto sia stato modello fondamentale il Livre di Mallarmé e, in altri termini, che Cacciatore abbia cercato di realizzare, almeno in parte, l’aspirazione mallarmeana al Libro1.
Quest’ipotesi si basa sull’individuazione di una serie di coincidenze tra il testo di Cacciatore e il progetto di Mallarmé, progetto che ha costituito un forte polo d’attrazione nel dibattito critico europeo tra gli anni ’60 -’80, oggetto di attenzione, fra gli altri, di Hocke che lo definiva come il grande progetto manierista rimasto incompiuto2.
Cacciatore elabora in Itto itto ciò che egli definisce “la filologia dell’Enormità discorsiva”3, portata al massimo delle sue potenzialità: il testo come conoscenza totale del reale, simultaneità di procedimenti conoscitivi, tensione all’ubiquità e all’eternità4. È un’operazione, questa del Libro, compiuta con consapevole e coraggiosa inattualità, poiché concepita negli anni ’90, in un panorama storico-culturale segnato dalla frammentazione dei saperi e dalla cosiddetta fine delle metanarrazioni o teorie totalizzanti5.
Mallarmé aspirava ad un libro che elaborasse una tropologia sull’universo, una grande allegoria dell’assoluto: “il libro di tutti i libri” basato sulla “stretta relazione della poesia con l’universo”6 e precisamente sulla giustapposizione di poesia e concezione dell’universo7. Cacciatore dedica interamente Itto itto alla teoria dell’Alterazione, ovvero al fondamento della sua concezione dell’universo – l’incessante trasformazione dell’Energia cosmica –, creando una perfetta identificazione tra concezione cosmologica e scrittura.
Itto itto nasce come forte progetto intellettuale che implica l’elaborazione di una struttura composita, corrispondente alla complessità delle intenzioni dell’autore, e che investe puntualmente ogni sfera del discorso.
Uno degli obbiettivi dichiarati di Mallarmé era l’eliminazione dell’’hasard’, del casuale8. Il Livre è prefigurato come architettura complessa e progettata dettagliatamente in cui dovevano comunque inserirsi l’impulso e l’automatismo della scrittura, consentendo comunque, all’interno dello schema prestabilito, una libertà compositiva che potesse di volta in volta sorprendere il lettore. Tale metodo mallarmeano di “liberté dirigée”9 – una libertà compositiva da praticare all’interno di certi margini – è utilizzato dallo stesso Cacciatore10.
Dallo studio degli autografi ho verificato che ogni paragrafo presenta diverse stesure (fino a 33 stesure dello stesso paragrafo) e le singole stesure non presentano, come di consueto, la riformulazione del medesimo testo, su cui intervengono, di volta in volta, correzioni di particolari nuclei morfologici o sintattici. Si tratta di testi che partono da un punto comune, un sintagma iniziale fisso, prestabilito, a cui fa seguito una scrittura di getto che varia di volta in volta, dando vita a variazioni linguistiche e ritmiche tra una stesura e l’altra.
Ora, una serie di elementi sembrano dimostrare l’automatismo della lingua: la tecnica del sintagma-stimolo a cui segue un vortice linguistico, la riformulazione globale del discorso in ogni stesura, la preminenza di legami fonici, associativi, semantici su quelli logici, e anche l’irruenza della grafia, mentre l’organizzazione strutturale dell’intero lavoro e la presenza di campi invarianti nelle scelte morfologiche, sintattiche e ritmiche, fa presupporre un serrato programma formale. Si tratta dunque di una compresenza, nel metodo di scrittura, di due tensioni apparentemente opposte, il programma e l’automatismo
In realtà, sia Itto itto che il progetto del Livre si reggono sul sottile equilibrio tra eliminazione del casuale e tensione estemporanea, tra ordine strutturale e automatismo linguistico: un automatismo che agisce, dunque, entro linee e regole determinate dall’autore.
Il Livre mallarmeano era concepito come un’opera ‘oggettiva’: una sorta di ‘hyperbole’ della sparizione dell’autore. La definizione data da Mallarmé di opérateur anziché autore è in questo senso significativa e particolarmente adatta a Itto itto.
Itto itto è, infatti, un libro fondato, da un lato, su una serrata organizzazione del lavoro dell’opérateur, dall’altro, sul totale eclissamento della voce autoriale: il soggettivo e il contingente sono sacrificati in nome di una rappresentazione oggettiva del Tutto.
Adesso, addentrandoci in questioni più interne alla scrittura, verifichiamo altre coincidenze. Itto itto è interamente costruito sullo schema della ripetizione e della differenza; presenta, infatti, un impianto di ripetizione di significato e un sistema di ripetizione e differenza di significanti11: in altri termini esso verte su un unico soggetto, l’Alterazione, e sulla capacità di estendere, variare ed orchestrare linguisticamente l’unicità della materia tematica attraverso una struttura vorticosa e ossessiva di “rimes de pensées” e con costanti ripetizioni morfologiche, retoriche, sintattiche e fonico-ritmiche che vengono a creare un sistema linguistico-concettuale concatenato, in cui ogni parte è relazionata col Tutto.
Il Livre nasce come progetto di ars combinatoria, di costruzione logicolinguistica e matematica, retta su ‘arabeschi’, che vuole farsi veicolo di una sapienza orfica e universale. Esso avrebbe dovuto sviluppare un sistema in cui ogni singola parte doveva essere in relazione col Tutto, un sistema retto sul principio “le même et autre” (folio129 A- suite), in cui la dinamica identità-differenza doveva giocarsi su più livelli, dalla ripetizione linguistica e sonora a quella tematica. Negli appunti mallarmeani si legge: “Il Libro non può che avere un unico soggetto”12 all’interno del quale lettere, parole, immagini e idee dovevano essere legate, condensate e al contempo concertate sinfonicamente13. In Itto itto il principio gnoseologico dell’Alterazione è sia orchestrato dalla totalità della lingua nelle sue costanti variazioni, sia condensato metaforicamente in cellule verbali: i sintagmi “itto itto”, “battito battito”, “colpo colpo”, costantemente ripetuti, rimandano metaforicamente all’urto e alla trasformazione dell’Energia cosmica.
Sia Itto itto che il progetto mallarmeano hanno, inoltre, come punto cardine la duplicazione dei brani14. Se analizziamo la struttura di Itto itto, l’ultima sezione, infatti, non è altro che la ripetizione delle prime tre, di cui riprende le medesime asserzioni, gli stessi temi-metafore, ma con differenziazioni di linguaggio. Allo stesso modo, Mallarmé prevedeva la presenza del medesimo testo, con variazioni, per due o più volte nell’opera: un sistema, come afferma Scherer, che serviva a creare una prospettiva obliqua.
La disposizione strutturale di Itto itto, l’ultima parte che ripete e condensa le parti precedenti, i frammenti che rimandano e si collegano ad altri, le costanti ripetizioni linguistiche, fonico-ritmiche e semantiche – fanno pensare ad un testo sovrapponibile a se stesso, un testo che induce ad un costante movimento comparativo.
Il doppio e il differente, principi fondamentali di Itto itto, stanno a testimoniare la sua struttura d’insieme, la sua unità profonda o, in altri termini, usando un’espressione cacciatoriana, la sua interezza differenziata o identificazione intera.
Considerando il Livre, la duplicazione dei brani, le ripetizioni e simmetrie sonore e contenutistiche per Mallarmé avrebbero dovuto generare un meccanismo di confronto testuale. Il confronto tra i brani avrebbe mostrato, insieme alle differenze, un’identità profonda o, in termini mallarmeani, una (“identité avec soi”) “identità con sé”15 o una totalità relazionale.
Il confronto assumeva inoltre, per Mallarmé, un particolare significato, era cioè una garanzia di verità: il Livre sarebbe stato ‘vero’ e ‘reale’ solo se sottoponibile ad una prova di confronto e di sovrapposizione di due aspetti distinti, dato che, nella prospettiva mallarmeana, è oggettivo ciò a cui si può arrivare con almeno due mezzi diversi16. Il concetto di doppio, come prova di verità, potrebbe aiutarci anche a comprendere l’uso della duplicazione in Itto itto, il cui obbiettivo principale è ciò che Cacciatore definisce “il ricongiungimento con la verità17?
Un’altra prerogativa centrale sia di Itto itto che del Livre è la mobilità. “Il libro, espansione totale della lettera, scrive Mallarmé, deve derivare direttamente da essa, una mobilità” (“Le livre, expansion totale de la lettre, doit d’elle tirer, directement, une mobilité…18): per Mallarmé, la mobilità del libro doveva essere determinata da una libertà di movimento e variabilità dei diversi elementi testuali sul piano tipografico, e da una ricerca sintattica tesa a dinamizzare la langue.
Itto itto presuppone una continua tensione dallo statico verso il dinamico, tensione sostenuta principalmente dal costante rinnovarsi delle costruzioni sintattiche e da una ritmicità sempre variata, e dal punto di vista grafico, da un’alternanza di caratteri, e dall’assemblaggio di sezioni scritte senza punti a capo, in una sorta di scriptio continua, o di blocco compatto, con un’ultima sezione organizzata in frammenti, che viene a creare una dinamica di discontinuità visiva19.
Il Livre, dal punto di vista strutturale, non doveva essere soggetto ad un ordine fisso, e questo perché la ‘fisica’ del Livre doveva corrispondere alla sua metafisica. Poiché la realtà non presenta un vero ordine di successione, così le pagine del libro sarebbero dovute essere “sciolte”20, pur se lette in certi ordini predeterminati dall’autore21.
Questa potenziale interscambiabilità delle parti è un altro aspetto fondamentale di Itto itto, che manca di qualsiasi ordine logico-consequenziale tra i paragrafi, di un punto di partenza e uno di arrivo, o di una logica di causa ed effetto tra i brani. Un altro elemento di rilievo, che collega Itto itto al Livre è la tradizione numerologica medievale, strettamente intrecciata, come spiega Curtius22, con quella alchimistico-esoterica, per la quale la costruzione di un ordine attraverso l’uso dei numeri viene a costituire la simbologia sacra di un ordine cosmico, e per la quale il numero in sé, se menzionato nella Bibbia, ha un significato occulto. Mallarmé intendeva costruire il libro attraverso una struttura numerologica articolata23, attingendo all’ars combinatoria di Lullo24.
La struttura di Itto itto è formata da quattro parti che constano rispettivamente di 90, 12, 33 e 609 sezioni: numeri questi con una valenza fortemente simbolica nella tradizione numerologica, ben studiati da Curtius, sui quali per motivi di tempo non posso soffermarmi. Mi limito a dire che i numeri delle parti di ogni sezione (90, 12, 33, 609) sono tutti multipli di 3, numero con una forte simbologia teologica che ricorre spesso anche nei calcoli mallarmeani25 (il tre è numero mistico nella cultura cristiana perché numero della Trinità. Rimanda, inoltre, a concetti quali il moto ternarius dell’anima e le dimensioni del tempo26).
Mallarmé pensava al Livre come ad un “blocco” suddiviso in 20 volumi, ognuno dei quali diviso in quaderni. I calcoli di Mallarmé sulla suddivisione di ciascun volume consentono soltanto di formulare delle ipotesi. In particolare, in questa sede, ci interessa l’ipotesi di Scherer sulla divisione di ciascun volume in 4 sezioni più una possibile sezione di sintesi27, simile alla struttura di Itto itto, diviso in 4 sezioni delle quali l’ultima, “Rinforzi”, è appunto una sintesi-ripetizione delle parti precedenti.
Ulteriori punti di contatto, sul piano di una tensione alchimistica, sono l’uso di parole-chiave reiterate (nel testo cacciatoriano, “itto itto” e le varianti “battito battito” o “colpo colpo”, nel Livre, chasse, yacht, e guerre28) e la rilevanza delle parole in quanto entità sonore la cui vibrazione emana una forza cosmico-evocativa
È comune, inoltre, la destinazione orale dell’opera su cui si sofferma più volte Mallarmé e testimoniata in Itto itto dalla centralità dell’elemento fonico-ritmco e dall’utilizzo della tecnica di varianti-invarianti, propria della mnemotecnica nelle tradizioni di ‘pensiero orale’29.
Si pensi ancora alla compresenza di diversi generi letterari: in Itto itto, poesia, prosa, tractatus – il cui statuto di genere è costantemente minato dall’interno-, e nel Livre – poesia, prosa, teatro, diario – che avrebbero dovuto rappresentare diverse prospettive sulla realtà, integrate nell’iperspazio del libro. Mallarmé non credeva in una netta distinzione tra poesia e prosa, definiva la prosa “verso dissimulato” (“la prose n’est que de vers dissimulé”)30, individuando, non nel verso, ma nel ritmo la ‘sigla’ del linguaggio poetico. Ed è proprio con la centralità del ritmo che in Itto itto la differenza tra prosa e poesia viene azzerata.
Il Livre, infine, avrebbe dovuto trascendere l’àmbito letterario, e dall’estetica arrivare alla metafisica. Ed è nostra convinzione, a tale proposito, che Itto itto non vada considerato soltanto come un testo letterario ma come un progetto culturale che, implicitamente, attraversa la letteratura, la musica, la filosofia, la scienza: il canto ritmato di Itto itto è, infatti, un tutt’uno con la visione cosmologica dell’Alterazione, teoria che nasce dall’armonizzazione, nel pensiero cacciatoriano, della filosofia greco-latina con la fisica contemporanea, e in particolare della filosofia presocratica con la fisica delle particelle.


Note

1 Il Livre, tuttavia, non rappresenta un progetto unico, isolato, nella tradizione occidentale, ma trova precedenti, sia pur con intenzionalità e obbiettivi diversi, nell’ambizione di Leibniz ad una mathesis universalis, nella tensione romantica alla creazione del Libro (a “trovare in un Libro l’universo”, secondo Novalis) e, in genere, nelle aspirazioni all’assoluto proprie della tradizione alchimistica europea.
2 Nella biblioteca di Cacciatore, abbiamo trovato Divagations di Mallarmé, che contiene la sezione “Quant au Livre” (Cherpentier Fasquelle, Paris, 1935). Il Livre costituì un obbiettivo centrale per Mallarmé, che vi lavorò per molti anni, dedicandovi moltissime energie, ma l’opera rimase incompiuta. I manoscritti consistono di appunti: schemi, ricerche, abbozzi di temi, cifre e calcoli per la struttura dell’opera, catene di parole spesso indecifrabili, carte che spesso presentano soluzioni aperte e contraddittorie.
3 L’Identificazione intera, Esi, Napoli, 1951, p. 344.
4 Intorno alla poesia moderna e all’uomo moderno, cit., pp. 9-41.
5 Cfr. J.-F. Lyotard, La condizione postmoderna, Feltrinelli, Milano, 1981.
6 J. Scherer, Le “Livre” de Mallarmé, nouv. éd. revue et augmentée, Gallimard, Paris, 1977 (I ed., ivi, 1957), p. 88.
7 S. Mallarmé, Propos sur la poésie, Editions du Rocher, Monaco, 1953, p. 82.
8 Rivolgendosi a Villers de l’Isle-Adam, e riferendosi all’Oeuvre, Mallarmé dichiarava di aver compreso la necessità “de la sortir du Rêve et du Hasard”. Cfr. S. Mallarmé, Propos, cit., p. 82.
9 J. Scherer, op. cit., p. 88.
10 Questo metodo è presente in tutte le opere di Cacciatore ma tocca la sua punta estrema in Itto itto, dove, di pari passo, l’automatismo diventa più sfrenato e la regolamentazione interna più ferrea. L’automatismo della scrittura in Itto itto è, inoltre, accompagnato da una molteplicità di ristesure-riformulazioni di un medesimo testo, che testimoniano come l’automatismo venga assorbito da un programma di scrittura basato sull’esercizio.
11 Si pensi ad esempio alle relazioni lessicali presenti in tutto il testo come ubiquitario- ubiquitariamente, dove la radice è ripetizione e la desinenza è differenza.
12J. Scherer, op. cit., p. 81.
13 “un art d’achever la transposition, au Livre, de la symphonie ou uniment de reprendre notre bien’’, in S. Mallarmé, OEuvres complètes , Gallimard, Paris, 1945, p. 367.
14 “Le même ouvrage se prèsente deux fois, différentement (…) Chaque texte de l’Oeuvre est donné deux fois. (…) La même équation est donnée deux fois, différentement, et chaque terme est une équation sous un dieu Janus, totale, se prouvant (…) En rapprochant chaque fois, et diversement, la double face de ces deux genres, on en crée un troisième mixte (…) La séance implique la confrontation d’un fragment de livre avec lui-même (…) Ce n’est que grâce à deux textes répétés que l’on peut jouir de toute une partie, ou grâce au retournement du même texte, d’une seconde façon de relire, qui permet d’avoir le tout successivament…’’, in J. Scherer, op. cit. Le frasi sono prese rispettivamente dai fogli 36, 89, 104, 105, 106, 112, 179, 189 del Livre.
15 S. Mallarmé, folio 94, in J. Scherer, op. cit..
16 J. Scherer, op.cit., p. 91.
17 Intorno alla poesia e all’uomo moderno, cit., p. 22.
18 S. Mallarmé, cit., in J. Scherer, op. cit, p. 57.
19 La stessa fisicità del Livre doveva presentare una sua dinamicità. Mallarmé afferma che uno dei mezzi per introdurre movimento nei testi antichi consisteva nel presentare le pagine intonse, così obbligando il lettore a tagliarle per la “prise de possession” della pagina successiva. È solamente una casualità che Cacciatore abbia scelto di pubblicare il suo testo in una collana “antichizzata” di Manni con le pagine intonse?
20 Negli appunti Mallarmé scrive: “le manuscrit seul \ est mobile” (folio 52 (B)). Il valore della mobilità per Mallarmé è qui espresso in modo significativo: “le volume, malgré l’impression fixe, devient par ce jeu, mobile -de mort il devient vie” (in J. Scherer, op.cit., folio 191).
21 Mallarmé scrive: “un livre ne commence, ni finit: tout au plus fait-il-semblant” (Livre, folio 181(a), e ancora: “le livre supprime \ le temps cendres” (folio 55 B).
22 E. Curtius, Letteratura europea e Medio Evo latino, La Nuova Italia, Firenze, pp. 560-69.
23 Un numero al quale Mallarmé ha dedicato una certa attenzione è il 10, cifra, nella cultura numerologica medievale, simbolica della plenitudo sapientiae. Nei manoscritti Mallarmé parla infatti di dieci diverse interpretazioni testuali, di dieci serie di letture-spettacoli ecc.
24 Tale conoscenza diretta o indiretta (probabilmente attraverso Kircher) è dimostrata secondo Scherer, in particolare, dall’aver appuntato la cifra 3.628.000, numero di particolare valenza nell’arte combinatoria di Lullo.
25 “cela multipliant \ par 3” (folio. 52 (B) ; “est-ce trop à 3-\ à mobiliser” (folio. 53 ( B), “si volume triple\ à 3 f” (folio 54 (B)).
26 Il numero quattro (numero della divisione in parti di Itto itto), nella cultura biblica, è un numero perfetto: è il numero dei quattro vangeli, dei quattro volti dei cherubini, delle stagioni e dei venti.
Il numero 12 (numero di sezioni in cui è divisa la seconda parte) è considerato un numero “armonico” e con un particolare valore estetico. Inoltre, secondo R. M. Meyer, che conia la definizione di “numeri tipici” delle diverse culture, il numero 12 è un numero tipico dell’Antico Testamento. Virgilio e Stazio hanno diviso le loro epopee in 12 libri, Wieland ha costruito l’Oberon in 12 parti, e così Milton il Paradiso perduto.
Il 33 (numero di sezioni in cui è divisa la terza parte) è un numero sacro perché coincide con gli anni della vita di Cristo. È anch’esso un numero ampiamente utilizzato nella strutturazione di opere, ad esempio da Sant’Agostino, Villon, Niccolò Cusano, Dante ecc..
Il 90 è 9 x 10, in cui il 9 è il numero delle sfere, dei cori degli angeli e delle muse, e il 10 è plenitudo sapientiae. Il 609 (numero di sezioni in cui è divisa la quarta parte) corrisponde a 100 x 6+9, dove 100 è un numero perfetto e rotondo, e il 6 un numero caro a Sant’Agostino (Sex officia naturalia).
27 Per quanto riguarda il numero di pagine di ogni volume si trovano indicazioni di tre numeri diversi: 320, 384, 480. Si tratta di numeri legati tra loro da rapporti matematici, dato che ognuno di questi è multiplo di 8 e 384 è i 4\5 di 480, 320 è i 2\3 di 480 e i 5\6 di 384. Scherer, a tale proposito, formula l’ipotesi di un volume di 384 pagine divise in quattro quaderni uguali di 96 pagine ciascuno, come risultato di una quadrupla comparazione, ossia 24 pagine comparate 4 volte; e di una possibile ultima parte di sintesi, anch’essa di 96 pagine, che avrebbe fatto ammontare il volume a 480 pagine in tutto.
28 Da tali parole, come spiega Scherer, Mallarmé aspirava a far scaturire tutti i rapporti riguardanti le vicende fondamentali della vita umana.
29 D’altra parte Cacciatore affermava sulla questione dell’oralità: “la poesia (…) va sentita (…) nelle sue valenze sonore”, seguita “come fa il musicofilo che va al concerto seguendo la partitura, ed è questo il modo più intenso di godere la musica, perché di volta in volta viene svelato quello che sta avvenendo, e al tempo stesso percepito, non soltanto letto” in Edoardo Cacciatore: la rivoluzione poetica del Novecento, a.c. di «Quaderni di critica», Lithos, Roma, 1997, p.17.
30 S. Mallarmé, Oeuvres, cit., p. 375.