Chi mi darà lunghi capelli biondi
e nastri azzurri?
Chi mi affrescherà il cielo
di onde gialle?
Chi mi darà i canarini
che dalla mia mano vengano a beccare?
Sto fermo all’angolo, presso un recinto, con la spada
mentre la gente mi attraversa.
L’hanno ammazzato, coi mattoni: mattoni rossi,
sotto il muro, sotto il muro, sotto il muro.
Gialle le sue ossa: svaporano in aghi
ed era mansueto, così mansueto.
Uno giallo, coi baffi: uno rosso, crepato,
uno verde, e cornuto come un cervo,
nell’ombra del muro, ammuffito,
l’hanno ammazzato, coi mattoni: mattoni rossi,
la macchia rossa, l’hanno ricoperta di bastoni,
da lì, non se la cavò, che il codino:
strisciò, e poi: s’infiltrò, nel muro,
nel muro, uro, duro.
(ILVIALE DOPO LA FESTA, 1956)
Le assi dei miei occhi si separano
i capelli pieni di bardane
mi cadono di traverso sulla fronte
sbottonato il mio cardigan e la mia camicia
con uno scoiattolo sulla spalla
tenendo stretto nel pugno un pezzo di muschio
così vengo da Zelengaj1
io pazza
(LA FRANA, 1956)
Selvaggia gatta nera mi stendo sul mio divano
a volte sposto la coda da un lato all’altro.
È facile uccidermi con un colpo di fucile e ho paura
di tram:
ma venite inermi nella mia tana per vedere
come scintilla il mio pelo
e come guardo verde e come digrigno
i miei ventisette denti bianchi e uno d’argento.
Ho un vecchio amico.
I vecchi amici servono per un paio di cose.
Anzitutto, grazie a loro ci accorgiamo di invecchiare.
E poi, comprendiamo d’essere diversi.
Un buon vecchio amico è sempre alquanto secondario.
Pronto a tollerarti.
Con lui non devi importi cautele.
Vecchio amico, oh vecchio amico
la tua lingua ha messo i peli: invece di dirmi
che sto sciorinando schiocchezze, tu continui a sorridere
con decoro
Inorridisci, di ciò che succede stasera, cara;
dietro di noi i passanti dicono a bassa voce
l’uno all’altro i nostri nomi,
le fluorescenti lampade viola
illuminano i posti dei nostri appuntamenti
e le parole che noi abbiamo sussurrato
vengono trasmesse alla radio.
(LA SIESTA DI NARONA,2 1963)
È un fiume aurifero la vita
e scorre a valle.
Qualcuno è ghiaia, altri ciottolo,
oppure l’oro dato da Dio.
Che tu sia questo, che tu sia quello,
ti trovano, ti cavano fuori –
perfino tu fossi oro, managgia la sgobbata,
non ti sei mica trovato da solo.
(SEGRETO, 1988)
Oh, s’io fossi cattolico a Oslo,
sarei corredato nei cavoli,
perché italiani e francesi
tutti mi sarebbero compari.
Oh, s’io fossi musulmano dove sono,
sarei dovunque santo e stimato,
poiché da tutti i turchi zagabresi
uno di loro verrebbe appioppato.
O magari io fossi Ebreo errante od ortodosso
a mala pena sarei spinto fora.
Però son mio perfino tra i miei,
solo con il solo, ed ho paura.
A César Vallejo3 in memoria
Sono morto martedì a Oslo.
Pioveva a dirotto.
Mi hanno seppellito venerdì a Zagabria.
Ma non importa.
Per due giorni sono stato in paradiso.
(FERITO CARRO ARMATO, 2000)