Šime Vučetić

(Vela Luka, l’isola di Korčula,* 1909 – Zagabria, 1987)

SARDA  (Sardela)

 

La sarda luccica come oliva
al vento leggero nel platino del sole.
La sarda in fondo è oliva,
galeggiante argentea chioma marina
piena di pace santa e felice…

S’era appena versata dalla luna
e navigava libera per l’azzurro del cielo
e baciava le mani, la bocca, il seno del mare
triste d’aver perso la luna
d’aver perso l’argento dell’aria.

Cercava la luce nel buio del mare,
nella notte cieca senza luna e maglie;
trovando barche-lumiere come piccoli soli,
eseguiva felice la danza
del suo essere delle sue nozze…
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Luccica ora nel leuto argento vivo,
chioma abbattuta, oliva, platino del sole:
giace finalmente rigogliosa la sarda morta
muta nel chiasso dei pescatori e del mattino,
luce sparita, morta felicità.

 

LA PRIMA NOTTE A DUBROVNIK(Prva noć u Dubrovniku)

Cammina la fiamma per le vie oscure della città,
va per le scale delle fortezze antiche,
si muove tremante sull’orlo dei bastioni.

E salta dai bastioni ai tetti,
da un tetto all’altro come diavolo,
per un attimo si calma sul comignolo e si raddrizza
e diventa coltello minaccioso.

Ma presto si ritira
per le finestre delle gallerie
e passeggia assorta per le scale oscure,
lentamente quasi cercasse
dove riposare.

Passeggia per le scale oscure
e continuamente pensa a qualcosa.
Forse vuol calmarsi,
come un rosso volto bellico,
sulla tela d’uno strano pittore della notte…

…Qual’è questa cosa fiammante
che passeggia per la mia testa
e mi guida e mi entusiasma,
e dorme il popolo mio il suo antico
e il suo nuovo sogno?

Cammina la fiamma per le vie oscure della città
e conquista e tormenta la fantasia per tutta la cara notte,
lunga, lunga e irrequieta,
per un attimo calda, per un attimo fredda,
cara, vecchia notte appassionata.

(MINERALI ALLO SPECCHIO, 1959)

DUE RIVE   (Dvije obale)

 

Noi siamo due rive,
due rive che non possono incontrarsi mai.
E siamo pure due rive
e navighino le nostre acque tra noi
e navighi tutto tra noi
e navighi tra noi l’eterno ignoto.

Ogni nostro richiamo pende sull’acqua,
e a noi è dato di non incontrarci mai,
e di non poter tornare alla fonte
dove fummo Uno.

La luce ci affratella,
il pensiero ci avvera
e l’amore dal volto di nube si rivela
su noi rive.

Oh noi siamo così due rive felici
che non possono incontrarsi, felici
che alla fonte fummo Uno.

 

GIURO ANCH'IO   (Zakunem se i ja)

 

Giuro anch’io: non voglio più nemmeno un briciolo di poesia,
non voglio nemmeno una parola mesta o pazzarella,
non voglio più rispecchiarmi nei cocci, beninteso,
            di quest’epoca, di questi spazi vuoti.

Giuro anch’io: non voglio più né senno, né lettere,
non voglio più armonia né riflessione,
bensì – libero – voglio abbandonarmi
alla parete grigia della poesia, alla stampa, alle sciocchezze.

Giuro e rinuncio ai benefici
alla pazienza e alla misura
e così, affondando ormai beato nella spazzatura,
mi metto a sognare piacevolmente lo sfacelo e la logica.

Giuro contro qualsiasi senno
ed eroicamente (cento volte fu così)
felicemente mi faccio blasé, un po’ ubriaco, vuoto,
fissando volontariamente ottuso intorno a me anche i musetti
            umani

Poi, credendomi davvero felice, morto,
sciolto da doti e legami,
e poi quasi improvvisamente quasi fosse un racconto
riappare in me dell’antica gloria la pantomima.
E sorrido di nuovo alla mia ingenuità
ma anche al mito dell’ingegno-cosmo umano
anche all’uccellino nell’erba e poi,
all’uccello che ascolta il proprio canto puro e friabile
            di luce,

finché dopotutto non mi riporti a me stesso
questo piccolo punto che abbiamo chiamato patria.

(DIETRO LA SCENA, 1971)



* In it. Curzola.torna su