Tonči Petrasov Marović

(Mravince,* presso Spalato, 1934 – Spalato, 1991)

 

 

PRESSIONI  (Pritisci)

II,14
Che dire dello spazio che non ti fa dormire
che dire poi di quello che non ti fa crescere

N o n    a s p i r a r e    a d    u n    p i c c o l o    c e n t r o    amor mio

al di là degli sforzi che si assomgliano come coda e coda
            lingua e lingua
tu ti avvii sapendo e sussurrando assai piano sotto di te –
            all’orecchio che s’appresta

N o n    a s p i r a r e    a d    u n a    m e t a    a l t i s o n a n t e

Indugi ma parti poiché l’unico cammino conduce laddove
            per tanto tempo non avevi l’intenzione d’andarci
            (come tanti come tutti)
ora è il meglio ora è tutto – e tu te ne vai
dimentico di te stesso la meta è nota e tace il potere
            della foglia su di te
lo sguardo d’un mondo lontano ti beve d’un sorso la nuca

(ORNITE, 1967)

 

IL CANTO È QUESTO MURO D'ARGENTO VIVO   (Pjev je ovaj živin zid)

Il canto è questo muro d’argento vivo
io mi discosto
            esso riluce maligno
io mi accosto
            esso mi abbatte col veleno
ostinato io mi arrampico
            esso si sottrae e dilata
passo attraverso
finalmente detto
vuol dire
sfigurato per sempre

 

ATTACCAPANNI DELL'ETERNITÀ   (Vješalice vječnosti)

Due ali di polmoni con altrettanta aria: ogni sospiro ogni involo
a cominciare dalle unghie che crescono dietro gli spazi
            il tuo pensiero prende la rincorsa nella carne
            e precipita anche se realizzato per il meglio
perfino le acque ti canzonano
quelle più basse
le quali
come sguardi licenziosi liberi da ogni premura
            di riconoscere d’esprimere qualcosa
giacciono
sulla terra
pronta a tutto
mentre le leggi dei vaniloqui attraverso cosmi rabbiosi riempiono
            abiti continuamente rifatti
sorreggimi tu
albero del sangue
attaccapanni dell’eternità

(IL CICLO SULLA META, 1968)

 

IL SOGNO DELL'UOMO CHE SI SPORGEVA TROPPO

(San čovjeka koji se prejako naginjao)

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                     Per Vjera e Mirjana

Sono una lontananza alta
però non voglio pensare a voi
voglio esservi appresso

l’amore mi prende
per la testa con le mani
mi fa inclinare inclinare

il corpo si scioglie
poesie cere della lingua
saltano dalla testa

voi due di già sul fondo per la Riva
passeggiate nel tempo distante
che vi ha sanato la ferita

io continuo a precipitare
affondando tra gli sguardi
con cui mi accogliete

gocciolo
attraverso
voi
e
l’esistenza
come la pioggia per il tetto
che la lascia filtrare

nella sparizione fredda
mi sveglio

non trovo
né letto
né corpo

a cui sono appartenuto

(SPOSTAMENTI, 1972)

 

ORTO  (Vrtal)

Morto il padre
morta la madre

malerba sui ceppi di vite
alberi nudi nello smog
un passero crepato dietro la radice del cavolo

nella cantina la madia screpolata
letto e forno coperti di ragnatela
come cielo e terra
uccisori di costumi
uccisori di benedizioni
passando dappertutto
trovai un manico che si mise a germogliare

d’improvviso sentii la mia esistenza
da tutte le parti
non solo da sinistra o da destra

la mensa paterna carica di contatti
di briciole che rilucono nel buio

(LUOGO ISOLATO, 1984)

 

L’ULTIMO INTERVENTO   (Posljednja operacija)

Dai punti del taglio sul ventre
uno scarafaggio uscì
e poi rientrò

(POTER NON PARLARE, 1988)

 

PADRE NOSTRO   (Oče naš)

Che sei
ti prego
liberami dalle cose inutili
dalle lettere dalle aspirazioni
ti prego particolarmente liberami a volte
dal mio inesauribile bisogno d’altri
frattanto, ti prego, custodisci alto il mio cuore
non essiccarlo e non diminuirmi
piuttosto finiscila con me
aiutami ogni tanto
a sopportare il dolore e la mia paura
me stesso
fino all’istante precoce della mia morte
e così sia

(PADRE NOSTRO1990)



* Da pronunciare Mràvinze.torna su