Vlado Gotovac*

(Imotski, 1930 – Roma, 2000)

 

 

(Ušutkajte pjesnika)

Fate tacere il poeta.
E ci saranno meno parole tra noi
– Meno chiarore casuale,
Meno voli segreti…
Più sicuro sarà l’istante
Ma perduta sarà l’epoca.

 

(Moj je otac osjećao)

Mio padre sentiva
Di dover compiere qualcosa d’importante.
E viveva sempre così…
Però l’opera ne rimase ignota.

 

STORIA QUOTIDIANA   (Svakodnevna priča)

Il ratto
– del resto soppiattone da un canale qualsiasi
sempre zotico imperscrutabile e tenace –
stacca un tuo filo e lo divora.
Ma è quel filo che non si può rompere
e il ratto si ferma d’improvviso senza soluzione.

In quell’istante
– è l’istante suo… –
appare precipitosamente una gatta,
– del resto enigmatica e scaltra
sempre tessitrice imprevedibile dal buio –
afferra il ratto e lo divora;
insieme col tuo filo.

Ma è quel filo che non si può rompere
e che ora attraversa la gatta.
Così la gatta rimane sul tuo filo
e divorando senza tregua lo sgomitola…
Invano.

Quale divisione di destini, su un unico filo!

 

(Odjeci ljubavi su kao vjetar)

Gli echi dell’amore sono come il vento,
Che soffia dove vuole.

Le distanze tra gli amanti
Risuonano festosamente; come una musica
Da corde invisibili.

Ah, come essi percorrono senz’errore
Il loro paesaggio –
Trovano i loro posti e tutto quanto a loro spetta.

Gli amanti dimorano sempre
In un’isola della loro Eternità.

(ETERNITÀ VIETATA, 1987)

 

(Kad te zovem – ne dolazi!)

Quando ti chiamo – non venire!
A che ti serve un istante della mia debolezza?
Lascia ch’io trovi nella solitudine un posto
Dove a te stessa e a me sarai uguale.

Saremo due stelle nella propria notte
Che a vicenda con la morte si ammaliano.

 

I CROATI ASPETTANO   (Hrvati čekaju)

Aspettiamo la comprensione dallo spazio siderale
Nell’eterno inverno del passato –
Dei secoli in cui solo per breve tempo
Avevamo, a volte, gustato i frutti dell’insieme.
Ci mancavano le nostre frontiere.
Esse apparivano d’improvviso accanto alle nostre case
In cui badavamo alle faccende quotidiane
Come all’unica nostra vittoria. Ricordi d’indumenti,
silenzi e vocali, del nulla che iniziava…
Il resto veniva fatto dall’Europa. Trovatasi qui per caso –
Alle poste, per il cambio dei cavalli, tra le battaglie.
Noi aspettiamo ad una fermata di guerra, a luci spente.
Mentre ci fanno a pezzi, a colpi di scure, nell’oblio buio
Di tutto quanto all’uomo è noto…
Non si sente che un grido dentale!

20. 8. 1991

 

IL CAMPOSANTO A IMOTSKI (GROBLJE U IMOTSKOM)

dove giacciono mia madre e mio padre

Questo camposanto non fu mai conquistato interamente
                                                                       dalla morte.
Oggi stesso anziché di putridume è pieno di denso azzurro;
Mentre il verde dai buchi antichi s’alza invisibile in alto,
Asperso di aureole delle stelle invisibili.
Enormi uccelli, nel sogno selvaggio cantano –
Circondati di novità, nidi enormi:
Nell’incoscienza si scioglie il ghiaccio dell’infinito;
Nulla si separa più per caso –
Non è il confort della chimica. L’una all’altro acconsentono
L’estasi dell’armonia e lo studio nero. Tutto si approssima.

Noi tre insieme giungiamo le mani;
A quando risale questa provvista di miracoli? – Sentiamo
                                                                       gli stessi suoni.
La stessa vicinanza è indicibile. Madre, padre e figlio –
Non è più una successione:
L’infinito è accogliente, il ghiaccio si è sciolto;
Preghiera, sofferenza e atto –
Tutto si prepara alla resurrezione.
Ed è indifferente dove stiamo noi tre.
Le stesse parole dovunque al più piccolo brandello perfino
            strappano la loro parte.

(ASPETTARE PIÙ A NORD , 1995)

(Htio sam nešt učiniti  za domovinu)

Ho voluto fare qualcosa per la patria,
Però mi sono svegliato
Pronunciando parole casuali…
È meglio sognare che vegliare per la Croazia;
Meglio ancora non rivelarlo.

Togliere allora la bandiera
Accendere il fuoco sopra la testa
Spensierato avviarsi alla fiamma
Là dove orme non rimangono
E nella vela regna il silenzio nero del fuoco.

Non ci sono ormai uomini pazzi, né saggi;
Non c’è più nulla che stupisca o si brami.

(“VIJENAC”, 14.12.2000;  VELE NERE, 2002)

 

(Demonska strana svijeta…)

Il lato demoniaco del mondo: con gioia infernale

si serve degli imbecilli, come esecutori delle sue imprese.
Così le umiliazioni si fanno più profonde, e le crudeltà
                                                                       maggiori.

 

(Propadaju svi pokušaji…)

Crollano tutti i tentativi di scrivere una poesia.
Scriviamo quanto ci rimanga.

Se il Mondo è esperimento,
Che cosa il mio esperimento significherebbe?
Come giungerebbe ad una risposta?

Se il Mondo non è esperimento,
Che cosa il mio esperimento sarebbe? –
Tranne l’occultazione del mio caso.

Che cosa sia il Mondo si evidenzi
Tra il fuoco siderale e la mia immagine
Riempiendo l’interno di catacombe invisibili.

Altre sono le ipotesi, con attese di risposta,
L’area del demoniaco, la portata geografica d’un caso.

 

(Bijela ćelija samotnika)

La bianca cella del solingo
Colma d’infinito
Dove l’angelo non cessa di volare
E l’errare rimane con la materia.

(Svolgimento della poesia, 2001)


 


* Da leggere: Gòtovaz. torna su